Maternità surrogata, il 65% è contro: ma c’è il sì al riconoscimento dei figli

Un italiano su due (53%) è convinto che la politica in Italia su questi temi stia arrancando rispetto alla società, mentre uno su quattro (25%) si mostra più benevolo, ritenendo che su un tema così complesso, l’assenza di una legislazione chiara per le famiglie omogenitoriali sia preferibile piuttosto che avere una legge «di parte».

L’idea di famiglia

E a proposito dei cambiamenti della società, va osservato che gli italiani sono sempre meno legati ad una visione tradizionale di famiglia, dato che il 43% ritiene che la famiglia sia l’unione che nasce tra un uomo e una donna uniti in matrimonio civile o religioso (20%) oppure che convivano senza essere sposati ma semplicemente uniti da un legame affettivo (23%), mentre il 45% considera famiglia l’unione che nasce tra due individui anche dello stesso sesso che hanno un legame affettivo e decidono di convivere sotto lo stesso tetto uniti civilmente (15%) o meno (30%, ossia la maggioranza relativa). E va osservato che tra i cattolici praticanti oltre uno su tre consideri famiglia anche le coppie omosessuali, e questo la dice lunga sui cambiamenti che attraversano la Chiesa.

L’evoluzione della società determina graduali processi di adattamento dell’opinione pubblica, spesso determinati dall’esperienza quotidiana: la conoscenza delle persone impossibilitate a concepire un figlio (indipendentemente dall’orientamento sessuale), la consapevolezza dei loro desideri e delle difficoltà per realizzarli, tutto questo favorisce gli atteggiamenti di apertura.

I due fronti

Ciò non significa che tutti gli italiani siano d’accordo con i cambiamenti di cui stiamo parlando, ma denota che segmenti sociali solitamente considerati più legati alle tradizioni (persone meno giovani e meno istruite, residenti nei piccoli centri, ceti popolari, cattolici, ecc.), che ci saremmo aspettati schierati su un fronte, in realtà sono meno coesi di quanto era lecito aspettarsi.

Come pure sul fronte opposto tra i segmenti più inclini al cambiamento permangono quote minoritarie, ma non trascurabili, di persone contrarie o quanto meno perplesse. Nella comunicazione politica questi temi andrebbero affrontati con grande attenzione, per rispettare sia il ritegno che molti cittadini esprimono sui temi etici, sia il desiderio di formarsi un’opinione svincolata da appartenenze. I toni accesi, l’ostentazione di principi non negoziabili, come pure l’approccio ideologico appaiono fuori luogo: infatti, non aiutano il discernimento dei cittadini e non convengono molto ai singoli partiti, tenuto conto che i loro elettori si esprimono più secondo coscienza che in base alle simpatie politiche su questioni che, peraltro, influenzano molto poco le preferenze di voto.

CORRIERE.IT

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