Leonardo, il braccio di ferro
Meloni sostiene invece una soluzione strategica del tutto diversa. Ha promesso la guida dell’azienda a Cingolani, oggi consulente del governo a titolo gratuito. Il patto tra la premier e Cingolani risale ai giorni dell’insediamento a Palazzo Chigi, quando gli equilibri nella maggioranza costrinsero Meloni a nominare come successore all’Ambiente una persona del tutto inesperta sulla materia, Gilberto Pichetto Fratin. La presidente del Consiglio, a dir poco preoccupata per le capacità del ministro forzista nel gestire il complesso dossier energetico ereditato da Draghi per superare la dipendenza dal gas russo, insistette con Cingolani perché gli desse una mano. Cingolani accettò, al punto da mettere in stand by una proposta di lavoro ricevuta dai giapponesi di Hitachi. Da allora l’ex ministro, ex direttore della ricerca di Leonardo e rientrato in azienda senza incarichi, attende che quell’impegno venga mantenuto. Negli ultimi venti giorni lo ha ripetuto diverse volte ad altri dirigenti della società: «Se così non sarà, accetterò le proposte di lavoro che ho ricevuto». Proposte che lo porterebbero, appunto, in Giappone.
Pur non essendo un esperto di difesa (Cingolani è un nanotecnologo, fondatore dell’Istituto italiano di tecnologia) vorrebbe di fatto proseguire il lavoro iniziato come capo della ricerca a Leonardo. L’ex ministro è convinto che il comparto difesa dell’azienda cammini sulle sue gambe, e che l’azienda dovrebbe semmai puntare sui business più innovativi: la cybersecurity, le tecnologie derivanti dall’intelligenza artificiale, la realizzazione di grandi calcolatori e la tecnologia nucleare, un vecchio pallino del ministro, che crede nello sviluppo dei piccoli reattori di quarta generazione.
Il mondo militare e un pezzo di azienda legata alla storia dell’ex Finmeccanica, osteggia la sua candidatura per questa ragione. Tant’è che attraverso Gianni Letta – altro regista delle nomine, seduto due giorni fa al tavolo di Palazzo Chigi assieme ai vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini – alcuni dirigenti hanno fatto pervenire una richiesta a Meloni. Di pensarci bene: Cingolani è uno scienziato, ha un ottimo curriculum, ma, per dirla con Crosetto, «non così adatto» per il peso del business e le strategie internazionali di un’azienda come Leonardo, proiettata a fare affari e stringere alleanze in un mondo che la guerra in Ucraina ha stravolto. È evidente, spiegano fonti della multinazionale, che Crosetto non può perdere questa partita: vorrebbe dire non essere riuscito a dare garanzie a un uomo di fiducia. Anche sul futuro presidente di Leonardo le incognite non sono poche. Carta ha buone chance di rimanere dov’è, grazie anche ad ottimi legami con la Lega. Molto però dipenderà dal destino di un suo collega, Giuseppe Zafarana, Comandante generale della Guardia di Finanza. Per lui sono ipotizzate due poltrone da presidente: a Leonardo e a Poste. Una sorta di gratifica per il finale di carriera.
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