Ora il vero rischio è la crisi di fiducia

In California c’era una banca media, a torto ritenuta non grande abbastanza da porre rischi sistemici, che era gestita in modo insipiente e male sorvegliata da chi doveva farlo, ossia la Federal Reserve americana. In Svizzera si tratta di una banca multinazionale tanto grande da influire assai sul potere politico, che subisce difficoltà create negli anni scorsi da mosse scorrette.

Insomma, la finanza è instabile per sua natura e mai ci si deve illudere di aver trovato soluzioni ottimali per stare tranquilli. Se, come si è visto da noi con le proteste dei «risparmiatori truffati», le nostre società generano spinte potenti a tappare con il denaro di tutti le falle aperte da banchieri incauti, occorre prenderne atto. Ma questo richiede che sia rafforzata ancora la prevenzione e che siano inasprite le pene per chi sbaglia.

Non ci sono banche abbastanza piccole perché possano essere sottoposte ad obblighi più leggeri. Dal lato opposto, è meglio evitare la formazione di colossi bancari che ricattano i governi perché troppo grandi per fallire (basti pensare in Germania alle Deutsche Bank che è passata di scandalo in scandalo e alla Commerzbank così difficile da risanare).

Nel breve termine, occorre evitare che le cose peggiorino. Per sua sfortuna, la Banca centrale europea proprio oggi deve decidere sui tassi. L’aumento di mezzo punto a cui da settimane si preparava è del tutto giustificato considerando che l’inflazione resta alta e le imprese, anche in Italia, hanno buoni margini di liquidità; ma potrebbe essere in questo momento inopportuno perché accrescerebbe le difficoltà bancarie. Si può trovare la maniera di fare una pausa senza configurare un brusco mutamento di rotta?

LA STAMPA

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