La solitudine di Giorgia, è allarme tra i fedelissimi: “A ogni difficoltà gli alleati scappano”

Francesco Olivo

Quando il gioco si fa duro lì intorno non c’è più nessuno. I partiti si sentono trascurati e scaricano tutto sulla presidente: «Chiedete a lei». La solitudine a Palazzo Chigi è una condizione fisiologica, ci si chiude in quelle stanze, si devono prendere decisioni in pochi minuti e si vive sotto assedio. Ci sono passati tutti e sono bastati quattro mesi per capire che Giorgia Meloni non è un’eccezione. La vicenda dei balneari con la presidenza del Consiglio costretta a rassicurare il Quirinale, davanti a quelle che vengono definite «provocazioni dei partiti», è solo l’ultimo capitolo di una lista già abbastanza lunga.

La sensazione di chi vive a stretto contatto con la premier è che, se il rapporto con i ministri è molto buono, gli alleati in Parlamento non siano davvero tali: a ogni momento di difficoltà la leader di Fratelli d’Italia si ritrova da sola. Gli esempi iniziano a essere troppi per non diventare una tendenza. Dalla sede del governo segnalano almeno quattro momenti critici durante i quali nessuno si è preso la responsabilità di difendere la presidente: l’aumento del prezzo della benzina, le polemiche sulla giustizia (la questione intercettazioni e il caso Delmastro-Donzelli), la decisione del taglio del superbonus e, appunto, la dura nota della presidenza della Repubblica contro la decisione di prorogare le concessioni dei lidi. Situazioni difficili dal punto di vista comunicativo e politico, nelle quali Meloni si è sentita sotto attacco senza che nessuno dei suoi soci muovesse un dito per difenderla. Anzi spesso erano dall’altra parte della barricata. Nella migliore delle ipotesi, è la lettura dei suoi fedelissimi, i partiti scaricano le responsabilità su di lei, nella peggiore, e questo potrebbe essere il caso delle concessioni balneari, la mettono con la malizia davanti alle proprie contraddizioni, la Meloni oltranzista di ieri contro quella istituzionale di oggi. «Il centrodestra è abituato a governare insieme da trent’anni», ripete Francesco Lollobrigida uno dei pochi pontieri tra la sede del governo e il mondo di fuori. Ma il cambiamento dei rapporti di forza all’interno della coalizione è stato tale che quello che valeva fino a pochi anni fa oggi non valga più. I sospetti dei meloniani aumentano anche perché gli argomenti dove non arriva il soccorso degli alleati sono quelli più sensibili per l’opinione pubblica, dove cioè il rischio è di pagare in termini di consenso. E il prossimo appuntamento è sulla carta ancora più critico: la partita delle nomine. I tavoli promessi, denunciano gli alleati, non vengono convocati, «per ora tutto è in mano a Fazzolari, la sorella di Meloni, Lollobrigida e pochi altri». La premessa di una battaglia.

Se Forza Italia, con grande cruccio del vicepremier Antonio Tajani, si è ritagliata il ruolo di voce critica («avete visto che fine ha fatto Gianfranco Fini? » ha ricordato con durezza Lollobrigida agli azzurri in un’intervista a La Stampa), la Lega è più cauta. Matteo Salvini ne ha fatto un metodo: «Oneri e onori», risponde a chi gli chiede dell’alleata. La strategia del leader del Carroccio è di evitare di polemizzare apertamente con la premier, anzi di elogiarla in pubblico, salvo non andare mai in suo soccorso quando ci sono insidie sul cammino, «non le facciamo da parafulmine», è la parola d’ordine data ai dirigenti da via Bellerio.

Rating 3.00 out of 5

Pages: 1 2


No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.