Terremoto in Turchia, il geologo Mario Tozzi: “Tutto quello che costruiamo è fragile, siamo in balia della forza della Natura”

Mario Tozzi

Le civiltà dei sapiens esistono solo grazie a un temporaneo consenso geologico, soggetto a essere ritirato senza preavviso. Il terremoto di Gaziantep ribadisce questo concetto sul quale non riflettiamo abbastanza e che dimentichiamo in fretta. Magnitudo 7,8 Richter per la prima scossa, significa un terremoto molto potente, per intenderci un evento centinaia di volte più forte dell’ultimo terremoto italiano, quello di Amatrice e Norcia del 2016. Magnitudo 7,5 per la replica più forte significa una coppia sismica che sbriciola anche quanto, strutturalmente indebolito, ha retto comunque al primo evento.

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Il tutto a soli 25 km di profondità, fatto che ha aggravato i danni e moltiplicato le conseguenze. Il risultato sono migliaia di vittime e ambienti urbani sconvolti a 150 km dal più antico edificio sacro che gli uomini abbiano mai costruito, oltre 11.000 anni fa a Gobekli Tepe, e non lontano dai più antichi insediamenti cittadini dell’umanità che si conoscano. Ma noi ci ostiniamo a vivere in regioni pericolose lungo tutto il bacino del Mediterraneo senza quasi tenerne conto, e l’immagine simbolo di questo terremoto è quella di palazzi di dieci piani ridotti a una frittella schiacciata di meno di dieci metri, come è possibile?

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Varrà la pena di ricordare che non è il terremoto che uccide, ma la casa costruita male e, da questo punto di vista la Turchia (e anche la Siria) assomiglia moltissimo all’Italia, con l’aggravante che da noi la magnitudo 7,5 è stata forse raggiunta una sola volta, nel 1693 in Valdinoto, e che anche il sisma di reggio Calabria e Messina ha appena superato magnitudo 7. Tenendo presente che la magnitudo Richter, che non ha teoricamente un «tetto» superiore (e può essere anche negativa), permette di ricostruire una «scala» logaritmica, si capisce come si tratti di eventi centinaia di volte meno energetici. In Giappone, in Cile, in Nuova Zelanda e in California si supera magnitudo 8 e case e infrastrutture reggono complessivamente molto meglio, anche perché i devastanti terremoti di San Francisco (1906), Tokyo (1923) e Valdivia (1960, il più forte finora mai registrato) furono presi come eventi «eponimi» e come occasione per rifondare un Paese e costruire una cultura del rischio sismico. Da noi e in Turchia si può dire che ciò non è stato ancora fatto e si affida la ricorrenza delle scosse al destino o al fato, e non al fatto che il Mediterraneo è fatto così e dunque è solo questione di tempo.

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