Superbonus edilizi, è l’ora delle cause: migliaia di cantieri fermi per crediti fiscali incagliati

Giuliano Balestreri

Da Superbonus a supercaos il passo è breve. Soprattutto quando i cantieri edili bloccati rischiano di arrivare a 90 mila a fronte di 15 miliardi di euro di crediti fiscali incagliati e migliaia di cause legali che aspettano solo di essere incardinate in tribunale. «La speranza è di trovare un’intesa che sblocchi i finanziamenti e permetta di completare, almeno i lavori avviati. Avviare una causa dev’essere l’estrema ratio, quando si perde la speranza di recuperare anche solo una parte dei crediti» dice Federica Brancaccio, presidente di Ance, l’Associazione nazionale di costruttori edili che all’orizzonte vede avvicinarsi la tempesta perfetta. Secondo le stime dell’associazione rischiano di fallire 25 mila imprese spazzando via 130 mila posti di lavoro, senza calcolare la ricaduta sull’intera filiera. Una stangata dopo che a detrazione sono stati ammessi 62,4 miliardi di euro.

Il problema è complesso. La stretta sulla cessione dei crediti al 110% che avrebbero dovuto accelerare la riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare italiano ha drenato la poca liquidità che circolava in un comparto messo già in crisi dalla penuria di materie prime. Le banche non comprano nuovi crediti e chi lo ha fatto fino allo scorso autunno, come Poste, ha rallentato le erogazioni lasciando cittadini e aziende nel limbo. Con il risultato che sono partiti i contenziosi tra condomini e ditte, tra progettisti e condomini, tra ditte e banche.

«Ci sono migliaia di professionisti che hanno lavorato e consegnato i loro capitolati, ma ancora non sanno se e da chi saranno pagati» osserva Rossana De Angelis, presidente di Anaci Roma, l’assocazione degli amministratori condominiali: «Il peccato originale è il bonus facciate, nato senza limiti di spesa e senza controlli. Poi il governo Draghi ha inserito i correttivi che servivano con l’asseverazione della congruità dei prezzi e dei lavori eseguiti. Ma il cambio delle regole in corso d’opera ha messo fuori gioco aziende, progettisti e condomini». Con il risultato che gli amministratori della Capitale lamentano di avere – tutti – almeno due immobili in stallo.

«Imprese e condomini – ragiona la presidente di Ance, Brancaccio – si sono trovati con impegni presi e firmati senza poter più monetizzare i crediti su cui avevano fatto affidamento. E’ evidente che questo scateni diversi contenziosi. C’è un tema di lavori fermi con ponteggi su strada e c’è un aspetto fiscale, importante. Se la ristrutturazione non viene completata e non c’è il salto di due classi energetiche, l’Agenzia delle Entrate può chiedere la restituzione del credito fiscale ai contribuenti. Siamo di fronte a una bomba a orologeria». Nell’immediato la soluzione non può che passare da una moratoria che permetta di portare a termine i lavori avviati, ma «abbiamo bisogno di ragionare su una misura strutturale di lungo periodo che sia legata anche agli obiettivi di decarbonizzazione. Dobbiamo pensare a che Paese vogliamo nel 2050». Un approccio sposato anche dalla presidente dell’Ordine degli ingegneri di Milano, Carlotta Penati: «Abbiamo bisogno di pianificare, pensano al ciclo di vita degli immobili e dei materiali per costruire un futuro sostenibili. Le regole devono essere chiare con poche o, ancora meglio, nulle modifiche in corso d’opera. Con il Pnrr arriveranno altri incentivi, dobbiamo impedire che i bonus siano un’occasione persa». Nel frattempo anche i professionisti cercano di tutelarsi: «Siamo i primi a non essere pagati – incalza la presidente – perché il nostro lavoro si conclude molto prima che partano i cantieri. Serve uno svincolo economico».

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