Tangenti, l’architetto che ha detto no a un milione di euro e ha denunciato i corrotti

di  Andrea Priante

L’architetto veneziano è «l’eroe» che si è ribellato al sistema: «Non mi lasciavano altra scelta che vendere i miei terreni a chi volevano loro. Ma io ho registrato tutto di nascosto»

Tangenti, l’architetto che ha detto no a un milione di euro e ha denunciato i corrotti
Il procuratore capo di Venezia Bruno Cherchi (Vision)

«Ero esterrefatto dalle richieste fattemi dal primo cittadino». E il motivo è evidente: il sindaco Fragomeni e la banda di intrallazzatori che lo circondava «stavano in qualche maniera coartando la mia volontà». È l’ottobre del 2019 quando un architetto veneziano si presenta dai carabinieri e usa queste parole per denunciare la richiesta di una tangente che gli era arrivata dall’allora primo cittadino di Santa Maria di Sala, Nicola Fragomeni, e dal consigliere comunale Ugo Zamengo

La «resistenza  morale»

Per il gip di Venezia ha dimostrato «resistenza morale», e nei suoi confronti, il procuratore capo Bruno Cherchi usa parole di velluto: «Questa indagine è stata lunga e complessa – spiega il magistrato – gestita in maniera encomiabile, ed è nata perché un cittadino non ha accettato e ha mantenuto la “schiena diritta” contro un sistema che prevedeva richieste di denaro da parte di pubblici ufficiali. Ha dimostrato la forza di non cedere alla tentazione di avere dei vantaggi». A 53 anni, questo professionista si ritrova a indossare i panni – sempre piuttosto scomodi – dell’eroe: ha rinunciato a un milione di euro pur di non pagare una mazzetta ai due amministratori comunali. Ma grazie alla sua segnalazione i carabinieri hanno avviato la maxi-inchiesta che lunedì ha portato all’arresto di sei persone tra politici locali, imprenditori e professionisti. Il contributo dell’architetto veneziano emerge dall’ordinanza con la quale il gip ha spedito i sei indagati agli arresti domiciliari. Nella denuncia il 53enne scrive: «Nel 2015 io, mia madre e i miei fratelli abbiamo ereditato del patrimonio immobiliare. Tra i beni vi è un terreno di quasi due ettari nel comune di Santa Maria di Sala». Nel 2017 trova finalmente un acquirente disposto a pagare un milione e 100mila euro per l’acquisto dell’area, a patto che il Comune approvi «un progetto da me redatto su indicazione dell’acquirente» che prevede di realizzare su quel terreno «un’area commerciale e residenziale».

L’incontro

Qualche tempo dopo, spiega l’architetto, incontra Fragomeni: «Il sindaco mi riferiva che vi era un costo da sostenere “come onere aggiuntivo” di 10 euro al metro cubo. Pensavo si trattasse di oneri di urbanizzazione, ma mi diceva di no, che erano oneri per “la gestione della pratica”. All’epoca non ci diedi peso, ma oggi ho ben chiaro di cosa si trattava…». Infatti, dopo che per due anni la sua istanza non riceve risposte dal Comune, a luglio del 2019 gli arriva «una chiamata dal geometra Carlo Pajaro (il dirigente dell’Ufficio tecnico del Comune di Santa Maria di Sala, ndr) che mi invita in ufficio per parlare». Il tecnico gli chiede se l’acquirente è ancora interessato al suo terreno e, quando ottiene conferma, i due si salutano. L’incontro successivo avviene a ottobre. «Lui era da solo, mi ha detto che c’era una nuova proposta da 1,2 milioni di euro per l’acquisto del mio terreno e che mi sarei dovuto rivolgere all’architetto Marcello Carraro (pure lui tra gli arrestati, ndr)». Stando alla procura, le persone interessate all’area sono quelle che, in accordo col sindaco, sperano di costruirci sopra una casa di cura. Ovviamente, dopo aver vinto un appalto pubblico «pilotato». Il veneziano scopre però che Carraro pretende, per la sua opera di mediazione, il 3% del valore della compravendita. Ma il problema è un altro: gli scoccia tradire la parola data al precedente acquirente, anche se capisce che il Comune preme perché accetti la nuova proposta.

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