Il terreno minato tra posizionamenti e boicottaggi. L’incognita sul fattore Lega

di Francesco Verderami

E in Forza Italia c’è chi scommette in un cambio nel giro di un anno. Da una parte Meloni e i centristi, dall’altra Berlusconi. Salvini, per ora, è in mezzo

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Festeggiamenti per la proclamazione di Licia Ronzulli a nuova capogruppo di Forza Italia a Palazzo Madama

Il cammino verso la nascita del governo somiglia a una Via Crucis. E non è che l’inizio. Perché se è vero che «Berlusconi se l’è legata al dito con Meloni», come racconta un dirigente di Forza Italia, allora si capisce il motivo per cui nel partito del Cavaliere ci sia chi scommette su un’esperienza di breve durata per la premier in pectore. E preannunci addirittura un rivolgimento nel Palazzo già «nel giro di un anno»: con un gabinetto di emergenza nazionale pronto a subentrare. Il punto non è stabilire quanto verosimile sia lo scenario. Il tema è che questo clima nel centrodestra precede le consultazioni al Quirinale. E non si capisce come i leader possano recarsi insieme da Mattarella, visto che le intese tra coalizzati reggono solo dalla sera alla mattina.

La verità è che la competizione elettorale si è trasformata in una guerra di posizionamento. E c’entra fino a un certo punto il braccio di ferro sui ministeri. La questione riguarda il riconoscimento della leadership di Meloni e ciò che ne potrebbe conseguire: una diversa geografia politica dell’area che per oltre vent’anni è stata egemonizzata dal Cavaliere e che Salvini aveva provato a conquistare senza riuscirci. Insomma, per Forza Italia e Lega sarebbe una battaglia per la sopravvivenza. Così le sortite che si susseguono dal 26 settembre vanno interpretate come una operazione di boicottaggio nei confronti della presidente di FdI e del suo tentativo. Dalle ripetute richieste di un nuovo scostamento di bilancio da parte del capo del Carroccio, si è arrivati alle esternazioni dell’ex premier.

Non c’è dubbio che Meloni otterrà l’incarico per formare il governo e riceverà la fiducia delle Camere, ma la sua strada — già impervia — ieri è stata trasformata da Berlusconi in un terreno minato. Perché il Cavaliere non poteva non sapere delle avversità internazionali verso il primo gabinetto italiano guidato da una rappresentante della destra, quando ha parlato dell’«amico Putin» e della sua contrarietà alle sanzioni contro la Russia. Il fatto che poco dopo abbia smentito sé stesso, ricordando il sostegno di Forza Italia all’Ucraina, non cancella il danno d’immagine a Meloni. E l’attacco indiretto portato all’azzurro Tajani, che dovrebbe andare agli Esteri.

Nelle cancellerie occidentali si aspettano che la futura presidente del Consiglio tenga fede all’impegno di varare subito il sesto decreto per l’invio di armi a Kiev. Ma nei resoconti diplomatici da Roma verrà riportata nello stesso giorno anche l’esternazione della terza carica dello Stato italiano, che non ha citato la guerra d’invasione russa nel suo discorso d’insediamento alla Camera e che ieri ha avvisato sui rischi per le sanzioni contro la Russia. Così, oltre a fronteggiare il rimbalzo internazionale, Meloni deve rintuzzare le critiche delle forze di opposizione, persino quelle del «pacifista» Conte.

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