Draghi e Meloni: tutte le «sorprese» del passaggio di stagione e di governo

Incombe il ritorno, dal primo gennaio del prossimo anno, della legge Fornero. Percorribili solo correttivi parziali. L’attenzione sarà tutta concentrata sulla stabilizzazione degli aiuti alle famiglie più povere e alle imprese maggiormente esposte alla crisi energetica. Su questo versante, Bruxelles è ovviamente sensibile. La scelta autonoma della Germania aiuta. Una correzione al deficit programmatico del 2023, di poco superiore a quello tendenziale indicato nella Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza (Nadef), è negoziabile, con buoni argomenti, a livello europeo. Sono almeno dieci miliardi l’anno. L’inflazione gonfia gli incassi dell’Erario. Un’eredità così «ricca» nessun altro esecutivo l’aveva avuta. Ma il quadro economico — condizionato da grandi macigni, la guerra, la crisi energetica, la pandemia — muta in fretta. E in peggio. Alle pessimistiche previsioni del Fondo monetario, che vedono l’Italia in recessione nel 2023 (-0,2% il Pil), si sono aggiunte le ultime stime della Banca d’Italia. Via Nazionale ipotizza un Paese in frenata (-1,5% nel 2023) solo nello scenario peggiore, con l’interruzione delle forniture di gas russo e prezzi alle stelle. Altrimenti continueremo a crescere, seppur poco (0,3%), anche il prossimo anno.

Previsioni troppo fosche?

Le stime del Fondo sono apparse a molti eccessivamente negative, soprattutto nei nostri confronti, tenuto conto per esempio che negli ultimi tre anni abbiamo fatto meglio di altri Paesi europei e della media dell’Unione. La sensazione è che la velocità con cui l’economia peggiora sia stimata in eccesso. Il dato della crescita del terzo trimestre (atteso sullo zero o leggermente in negativo) sarà rivelatore dell’inclinazione della curva. Ma i dati dell’economia reale, per esempio le esportazioni e l’andamento del turismo e dei servizi, continuano a sorprendere. In positivo. In conclusione, Giorgia Meloni potrà avrà qualche inaspettata sorpresa positiva su questo versante. La congiuntura forse peggiorerà meno del previsto, aprendo qualche insperato spazio fiscale. Ma c’è un’altra velocità di segno opposto che è, al contrario, sottovalutata. Ed è quella dell’aumento dei tassi sul nostro debito che non è mai stato così forte in un tempo così ridotto (tra il Def di aprile e la Nadef di settembre). La spesa annuale per gli interessi sul debito è previsto che arrivi agli 85 miliardi nel 2025. Era 60 nel 2021. Incidere sulla velocità con cui la congiuntura internazionale peggiora è impossibile; tentare di correggere il peso del servizio del debito, con una politica di bilancio più accorta e segnali credibili al mercato, assolutamente no. E in questo modo si aprirebbero ulteriori e non disprezzabili margini di manovra per far fronte alle esigenze più immediate.

CORRIERE.IT

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