Dai delfini rosa ai gorilla di pianura, la grande scomparsa degli animali selvatici

Mario Tozzi

Verrà molto presto un giorno in cui i sapiens rimarranno gli unici animali del pianeta, insieme a quelli allevati o addomesticati, e non resterà nemmeno un animale selvatico. E non sarà un bel giorno, prima di tutto per gli stessi uomini che possono solo illudersi di vivere su un pianeta senza fauna selvatica, perché nessuna vita è possibile senza l’integrità degli ecosistemi, a meno che non si parli di nuovi parametri artificiali che di biologico conserverebbero solo le cellule.

Il Living Planet Report del WWF del 2022 è drammatico: le popolazioni di fauna selvatica della Terra dal 1970 sono calate del 69%, con punte del 94% in America Latina e nei Caraibi. Dai delfini rosa di acqua dolce dell’Amazzonia ai gorilla di pianura, dai leoni marini agli anfibi, la maggior parte dei nostri compagni di strada, quegli animali non umani che rendono possibile la vita anche ai sapiens, si sta perdendo per strada e la responsabilità è solo nostra.

Distruzione degli habitat per avere nuovi territori agricoli e allevamenti, caccia e bracconaggio, cambiamento climatico indotto dalle nostre attività, infrastrutturazione selvaggia, allargamento delle aree urbane: i sapiens sono l’unica specie che manda a gambe all’aria gli altri ecosistemi, incurante dei servizi gratuiti che ci offrono, dallo stoccaggio di anidride carbonica ai medicinali, dallo svago all’acqua pulita. Ma sull’impoverimento inarrestabile di biodiversità quasi non si sente una voce, come se ce ne prendessimo in silenzio la colpa, però senza soffrirne, almeno non per ora, tanto ci sembra lontano il destino di una scimmia dal nostro. Non capendo che si tratta esattamente dello stesso. E peggio avviene sul clima.

Sembra che l’estate più calda di sempre, quella più secca, quella che ha funestato il pianeta di ondate di calore mortali, che ha crepato il terreno e prosciugato i fiumi e che rischia di essere, addirittura, ricordata come la più fresca e umida del prossimo futuro, non abbia portato tutti i sapiens allo stesso grado di consapevolezza sul cambiamento climatico. Che è anomalo rispetto al passato, accelerato e che dipende dalle attività produttive dei sapiens, come sostiene, praticamente all’unanimità, tutta la comunità scientifica mondiale degli specialisti del clima. Tranne qualche sporadica resistenza cui però viene data inspiegabile e eccessiva importanza da parte dei mezzi di comunicazione, tanto che parte dell’opinione pubblica è portata a ritenere che gli scienziati non abbiano tutti la stessa idea sul cambiamento climatico, come invece è, ma presentino diverse opinioni. Viene così dato rilievo a un negazionismo climatico che si impernia sulle responsabilità, che non sarebbero dei sapiens, ma del sole, dei vulcani, delle irregolarità dell’orbita terrestre e dei cicli naturali in generale.

Posizione dei continenti, correnti oceaniche, radiazione solare e orbita della Terra agiscono effettivamente sul clima su tempi lunghissimi, ma possono spiegare l’attuale cambiamento su tempi così accorciati? I dati della Nasa affermano che, dal 1900 fino agli Anni 50, l’irraggiamento solare è aumentato, ma ciò ha avuto un effetto modesto sul clima dell’inizio del XX secolo, spiegando fino al 10 percento del riscaldamento verificatosi dalla fine del 1800. Inoltre, nella seconda metà del secolo, quando si è verificato il maggior riscaldamento, l’attività solare è effettivamente diminuita. Dunque la radiazione solare non è la forza trainante del cambiamento climatico attuale. Infine, se fosse dipeso dal Sole, tutti gli strati dell’atmosfera avrebbero dovuto riscaldarsi, invece i dati mostrano che l’alta atmosfera si è effettivamente riscaldata relativamente meno negli ultimi decenni, un segno distintivo che il riscaldamento è dovuto all’effetto serra. Sole quindi “più fresco” e atmosfera più calda.

I vulcani possono influenzare il clima emettendo anidride carbonica, anzi è proprio per questo che la Terra è abitabile. Ma rispetto alle moderne emissioni antropogeniche, anche le grandi eruzioni sono solo una goccia nel mare: quella del Mount Saint’Helen (1980) ha rilasciato nell’atmosfera circa 10 milioni di tonnellate di CO2 in sole nove ore, ma attualmente l’umanità impiega solo 2,5 ore per emettere la stessa quantità, e le emissioni dei sapiens sono incessanti e incrementano ogni anno. Inoltre le eruzioni raffreddano l’atmosfera, liberando aerosol e particelle, non la riscaldano.

Rating 3.00 out of 5

Pages: 1 2


No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.