Dai “puri” a quelli di area fino agli schierati. Il gruppo misto dei non politici da totopoltrone

Stefano Zurlo

Tecnici puri. Tecnici d’area. Tecnici battezzati nel fonte battesimale delle urne. Gradazioni. Sfumature.

Visioni diverse e scintille sulla composizione del nuovo governo. Il partito dei tecnici assomiglia per certi aspetti al gruppo misto: dentro c’è di tutto e ci potrebbe anche essere qualche ministro dell’imminente governo Meloni. Chi andrà all’economia? Insomma, chi occuperà una delle caselle più pesanti?

Ecco che il tam tam accredita soluzioni di alto profilo che rispondono a nomi di tecnici, naturalmente non ostili al centrodestra. Rimbalzano le foto di Fabio Panetta, in cima ai desiderata di Giorgia Meloni, e di Domenico Siniscalco, che fu già ministro indipendente con Berlusconi e, non a caso, se ne andò in polemica per le mancate dimissioni del governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio.

«Io non credo nei tecnici puri – ha detto sabato Berlusconi in un’intervista alla Stampa – se esistessero la politica diventerebbe inutile».

E però un personaggio come Panetta, oggi nel board della Bce, sarebbe un aiuto straordinario per l’esecutivo che deve accreditarsi nelle istituzioni europee e dunque avrebbe via libera da tutti i partiti della coalizione. Peccato che l’interessato abbia già detto e ridetto che lui non ne vuol sapere. Senza contare il fatto che il Paese perderebbe una voce autorevole in un consesso strategico e nessuno può garantire che sarebbe sostituito da un altro esperto italiano. Toccherà allora a Siniscalco? Ma forse l’incarico potrebbe essere dato a Giulio Tremonti, che occupava quella poltrona così pesante proprio prima di lui e che sarebbe il più tecnico dei ministri politici.

Agli Esteri si riparla di Elisabetta Belloni, la prima donna al vertice dei Servizi, un tecnico fra i più stimati nel Paese, già a un passo dal Quirinale quando era stata proposta dal duo Salvini Conte. Poi quella nomina fu bocciata davanti alle telecamere da Matteo Renzi, ma lei rimane in pole position per qualunque ruolo apicale. Alla Farnesina aspira anche Giulio Terzi di Sant’ Agata, già ministro degli Esteri con Monti, pure lui uscito di scena salutando la compagnia in disaccordo sulla gestione del caso dei marò. Terzi di Sant’ Agata è un ambasciatore, ma ormai è entrato nella cittadella costruita da Giorgia Meloni ed è appena stato eletto senatore nel collegio di Treviglio.

Una traiettoria che assomiglia a quella di Carlo Nordio, magistrato per una vita, oggi in pensione e fresco deputato votato in massa a Treviso. Insomma, un tecnico non più tecnico, anche se non è il caso di impiccarsi alle forme. Nordio potrebbe diventare Guardasigilli, portando in dote la sua indipendenza di giudizio, la sua competenza e la sua lontananza dalla corporazione togata.

Il governo che sta per nascere dovrà comunque trovare un punto di equilibrio: Berlusconi e Salvini spingono per un assetto più politico, Meloni cerca riparo dalle tempeste in arrivo dietro lo scudo di personalità specchiate e dal curriculum inattaccabile che dovrebbero essere i pilastri della squadra.

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