Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi: cambiamo il Paese

Infine la padrona di casa, Giorgia Meloni. È innegabilmente la «sua» piazza, lo si capisce dalle bandiere di Fratelli d’Italia che sono in rapporto dieci a uno rispetto a quelle degli alleati, dai ragazzi di Gioventù Nazionale schierati per lei tutti in maglia bianca, dagli striscioni con la sua foto: «Noi siamo Giorgia». E lei non delude. Pronuncia un discorso che gioca tutto sulla campagna della paura fatta dalla sinistra. «Io vi faccio paura?» chiede alla piazza, che risponde di no. Ma, in realtà, «qualcuno a cui facciamo paura c’è» dice la leader. «Facciamo paura a chi ricopre posizioni immeritate solo grazie alla tessera del Pd, perché noi punteremo sulla meritocrazia. Facciamo paura ai trasformisti, perché con noi non ci saranno più inciuci e col presidenzialismo daremo governabilità e stabilità. E saremo contenti se la sinistra vorrà aiutarci, ma se avremo i numeri le riforme le faremo anche da soli». E poi ancora: «Ci temono gli speculatori del prezzo dell’energia, ci teme il popolo del no, perché con noi l’Italia tornerà a estrarre gas e a sbloccare la burocrazia delle rinnovabili, ci teme chi fa concorrenza sleale ai nostri marchi, perché noi tuteleremo il Made in Italy. Chi vuole produrre un marchio italiano, dovrà farlo in Italia e con lavoratori italiani».

E poi c’è spazio per la sfida a Conte, mai nominato ma evocato quando si tocca il tema del reddito di cittadinanza, un «ricatto per essere votato», quando invece «noi vogliamo che il riscatto dei poveri passi per il lavoro». E quindi «mai più un’Italia di sudditi costretti a chiedere soldi allo Stato, mai più imprese suddite a causa delle troppe tasse, mai più una pandemia con limitazioni imposte da apprendisti stregoni, mai più un Paese che in Europa non fa valere i propri interessi». A partire, naturalmente, dalla questione immigrazione. Mai più soprattutto, un «popolo che vota turandosi il naso, come vorrebbe la sinistra. È il momento di respirare a pieni polmoni. Respiratela, quest’aria di libertà».

IL TEMPO

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