Chi finanzia i partiti. E quanto

di Chiara Nardinocchi

Cene, tour in giro per l’Italia a incassare voti e scattare foto per poi condividere eventi, sorrisi e slogan su post spesso a pagamento. Oltre allo scintillio, partiti e campagne elettorali sono macchine con ingranaggi che richiedono dedizione e soldi. Già, ma come si finanziano i partiti? Abbiamo analizzato i dati su erogazioni private e 2×1000 per scoprire come e quanto si rimpinguano le casse delle differenti formazioni.

IL FINANZIOMETRO

Inserendo il nome del partito si può scoprire quanto e da chi arrivano i finanziamenti con percentuali, grafici e una lista completa delle donazioni

Il periodo d’oro del finanziamento pubblico ai partiti, quando i rimborsi dello Stato toccavano cifre a otto zeri, è ormai finito. Così oggi gli schieramenti, da destra a sinistra, sono costretti a tirare la cinghia. O almeno così sembra guardando i dati.

Dopo la legge del Governo Letta che ha di fatto abolito il sistema di finanziamento diretto ai partiti, sono due le principali strade rimaste per contribuire a sostenerli: da un lato le elargizioni dei cittadini che se superiori a 500 euro devono essere rendicontate e dall’altro il 2×1000 del gettito Irpef dei singoli contribuenti. In entrambi i casi non tutti i partiti possono ricevere finanziamenti: è necessario infatti essere iscritti al registro stilato dalla commissione di magistrati designata al fine di escludere le formazioni che per statuto non applichino principi di democrazia interna.

Finanziamenti: la classifica

Il finanziamento dei privati: chi paga chi?

I partiti devono comunicare l’elenco dei finanziamenti ricevuti superiori in modo cumulativo a 500 euro e la trasmissione deve avvenire entro il mese di marzo dell’anno solare seguente a quello dell’erogazione. L’elenco è quindi pubblico e consultabile, ma non facilmente filtrabile. Per avere un orizzonte temporale unitario, abbiamo analizzato i dati relativi al periodo che va dal 1 dicembre 2021 ai primi di settembre 2022 escludendo tutte le donazioni precedenti.

I partiti hanno dovuto spartirsi i 21,5 milioni arrivati dalle erogazioni liberali. Al primo posto della classifica troviamo la Lega con 6,5 milioni di euro di cui circa 6 milioni destinati a Lega per Salvini premier e il restante a Lega nord per l’indipendenza della Padania. Seguono il Partito Democratico con circa 4,4 milioni, Movimento 5 stelle con 3,87 milioni e Fratelli d’Italia con 2,36 milioni.

La classifica resta più o meno invariata anche per il numero dei donatori, ma a cambiare profondamente in base al partito è lo “status” di chi dona. Salta agli occhi come i parlamentari, sebbene in misura variabile in base alla casacca, siano i principali contributori.

Agli estremi ci sono da un lato Movimento 5 stelle e Articolo 1 dei quali i parlamentari coprono oltre il 96% dei finanziamenti, dall’altro per una mancanza di rappresentanza parlamentare il progetto di Lupi Noi con l’Italia e Azione con una percentuale vicina o pari allo zero. Lega e Pd oscillano tra il 53 e il 59%.

Da chi arrivano i fondi?

L’economia della sussistenza

Quello tra erogazioni liberali e“addetti ai lavori” è un rapporto di dipendenza più o meno esplicito, ma che emerge ancor di più filtrando i nomi dei cittadini (già esclusi parlamentari e società) e confrontandoli con gli amministratori regionali e comunali. In poche parole, su 2764 finanziatori totali, 740 sono parlamentari e 995 i cittadini che ricoprono cariche politiche a livello regionale, provinciale o comunale. Appena un terzo del totale delle erogazioni arriva quindi da chi vive fuori dalla macchina politica.

Una fetta importante di gettito arriva da aziende, società e dal mondo dell’associazionismo e cooperative. Va detto che non di rado le stesse sono riconducibili a parlamentari o amministratori locali, a volte usate per sostenere le formazioni superando il tetto dei 100.000 euro imposto dalla legge. Caso a sé è il partito di Maurizio Lupi Noi con l’Italia che, inserito all’ultimo nel registro dei partiti “finanziabili”, deve quasi il 60% dei suoi introiti alla società Gestione grandi hotels central park spa, azienda riconducibile all’imprenditore Gianpiero Samorì un tempo designato come delfino di Silvio Berlusconi e che dopo il fallimento del suo esperimento politico “Moderati in rivoluzione” ha continuato a sostenere il partito dell’ex ministro Lupi.

Per il suo dna molto vicino all’imprenditoria del Nord e della Capitale, non stupisce che ad essere preferito da società e aziende sia anche il partito Azione capitanato da Carlo Calenda: più del 20% delle donazioni arriva da grandi firme e manager di successo.

A livello trasversale, tra quelle che hanno aperto il portafoglio sono numerose le ditte che lavorano con appalti del pubblico o in qualche modo legate alle amministrazioni locali. Analizzando il lungo elenco dei finanziatori, risulta curiosa la scelta di due aziende che in una perfetta par condicio hanno finanziato partiti ideologicamente opposti: è questo il caso di Furia srl e Igino Poggi Eredi srl che hanno deciso di devolvere una parte dei finanziamenti al Pd e Fdi (la prima) e Lega (la seconda).

Eletti ed elettori: il 2×1000

Un’altra fondamentale fonte di sostentamento arriva dal 2×1000 dell’Irpef che i cittadini decidono di destinare ai partiti o allo Stato.

Introdotta dal decreto legge 47/2013, convertito dalla legge 13/2014, questa voce rappresenta la parte principale degli introiti dei partiti e dà un quadro molto differente e forse più completo dei sostenitori (e quindi dell’elettorato) delle diverse formazioni.

Dal 2015 a oggi, Fratelli d’Italia ha registrato una crescita costante passando dal 5 al 15% delle donazioni sul totale. Mentre il Partito Democratico, sebbene in flessione rispetto agli anni precedenti, stacca di molto le altre formazioni sia per totale di donatori (il 34% del totale) che per fondi raccolti (6,9mln di fondi, circa 4 milioni in più rispetto a Fdi, secondo in classifica).

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