La nuova fase della guerra di Putin e l’appello della Cina: «Serve una tregua e il ritorno al dialogo»

di Guido Santevecchi

Il presidente Xi Jinping teme il «caos mondiale» e le ricadute economiche per il Paese. E pensa a Taiwan

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Vladimir Putin e Xi Jinping a Samarcanda lo scorso 16 settembre (Afp)

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PECHINO – Che cosa pensa Xi Jinping della nuova fase della guerra di Vladimir Putin contro l’Ucraina e il campo occidentale? Il portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, a domanda ha risposto: «La posizione della Cina è stata sempre coerente e chiara nel chiedere un cessate il fuoco attraverso il dialogo e il negoziato, il rispetto della sicurezza, sovranità e integrità territoriale di tutti i Paesi, l’osservanza dei principi contenuti nella carta delle Nazioni Unite». Il diplomatico ha aggiunto che «servono sforzi internazionali per una risoluzione pacifica delle crisi».

Sono mesi che Pechino parla in linea di principio della necessità di un dialogo che porti a una tregua. All’inizio ha invocato ragioni umanitarie, ora comincia a fare i conti anche economici su quello che Xi chiama «il caos mondiale» e fa riferimento all’Onu (dove peraltro si è ripetutamente astenuta nei voti sulla crisi ucraina). Parlare di nuovo ora di cessate il fuoco potrebbe essere uno sviluppo? Anche il rifiuto cinese di definire l’azione russa per quello che è, un’aggressione, era stato letto da alcuni governi ottimisti come un espediente di Xi per mantenersi neutrale e poter agire da mediatore (prima o poi). Di fatto, la Cina ha solo mantenuto la sua ambiguità strategica, non ha mai segnalato una volontà di impegnarsi in un negoziato tra le parti. L’interesse strategico di Pechino sembra la disunione dell’Occidente, più che la vittoria della Russia.

Una novità notevole è venuta da Vladimir Putin, che incontrando Xi a Samarcanda la settimana scorsa ha ammesso che «la Cina è preoccupata e ha delle domande sulla questione ucraina». Tradotto: significa che in questi mesi sono emerse tensioni con l’alleato. E che in realtà gli interrogativi cinesi sono centrati non sulla sorte di Kiev ma sulla tenuta di Mosca.

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