M5S: il caos delle regole

Federico Capurso

ROMA. Candidarsi con il Movimento non è mai stato così facile. Segno dei tempi che corrono e dei sondaggi che piangono. Una volta significava entrare in una giungla di regole e di paletti, utili a impedire di saltare sul carro grillino. Adesso invece le maglie si allargano e le regole cadono. Perché c’è bisogno di un ricambio grande, nel segno della nuova leadership di Giuseppe Conte, e perché l’obiettivo è quello di raggiungere il 10 per cento. Si devono salvare i nomi forti del partito e vincere più posti possibili nei collegi. Una questione di numeri e di necessità. Le candidature si potranno presentare fino all’8 agosto e, una volta vagliate dall’ex premier, verranno votate online dagli iscritti con le tradizionali «parlamentarie». Chiuso il pacchetto, sarà Conte a scegliere i capilista. In sostanza, sarà lui a decidere chi potrà avere una chance di entrare in Parlamento e chi dovrà sperare in un miracolo. Regolamento aperto, dunque, ma con l’imbuto del leader da dover superare.

Dalle regole, intanto, è sparito il vecchio obbligo di candidarsi nel Comune in cui si ha la residenza. Ora si potrà usare anche il collegio in cui si ha il domicilio o il «centro principale dei propri interessi». In questo modo, i big del Nord che sono quasi sicuri di non poter vincere nei loro collegi di residenza, come Chiara Appendino in Piemonte o Stefano Patuanelli in Friuli Venezia Giulia – ma fondamentali per il progetto di Conte – potranno guardare a un collegio più lontano da casa, magari a Roma. Resta, però, il divieto di ricorrere alle pluri-candidature. Per l’ex sindaca di Torino, che era stata condannata in primo grado per i fatti di piazza San Carlo, c’è anche un secondo “aiuto”. La regola che impediva di presentarsi in caso di condanna in primo grado, infatti, è stata sfumata: adesso dovrà esserci il «dolo» che lei, nella sua condanna, non ha. Mano tesa anche alle ambizioni di Rocco Casalino e degli altri portaborse: a differenza del 2018 potranno correre per la Camera e il Senato senza limitazioni. Tutti quelli al primo mandato, però, dovranno essere in regola con le restituzioni.

Virginia Raggi, che fa parte del comitato di Garanzia incaricato di scrivere il regolamento, insieme a Roberto Fico e Laura Bottici, può dirsi soddisfatta a metà. Si era impuntata, ieri, per avere delle norme identiche a quelle del 2018: «Il M5S non può essere preso come un tram per entrare in Parlamento», aveva tuonato, in difesa delle parlamentarie e dell’obbligo di essere iscritti da almeno sei mesi al partito. Questa seconda norma avrebbe tagliato le gambe a Alessandro Di Battista. Raggi nega: «Alessandro, se vuole, può candidarsi. È stato iscritto ed è molto più Cinque stelle di tanti che ora sono dentro». Un po’ di veleno non guasta mai. Lei però voleva «evitare di imbarcare perfetti sconosciuti. La situazione di Alessandro non deve essere strumentalizzata per far entrare chiunque o i propri amici». Ma la regola è sparita. Sarà sufficiente essere semplici iscritti al Movimento. E Dibba, che ieri ha sentito al telefono Conte, ora è un passo più vicino.

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