Omicidio Willy, ergastolo per i fratelli Bianchi: dalle pose stile Suburra a quelle urla in aula contro giudici e testimoni

di Virginia Piccolillo

I due uccisero a Colleferro il 23enne Willy. Gabriele voleva per il figlio un nome dalla serie tv

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Le grida di gioia degli amici di Willy le hanno appena coperte. Ma da dietro le sbarre, alla condanna di ergastolo si sono sentite, chiare, le urla di Marco e Gabriele Bianchi. Contro il «tradimento» del coimputato, Francesco Belleggia. Contro chi non ha creduto ai loro «non abbiamo fatto niente. Willy non lo abbiamo ucciso noi». Contro i presunti autori, come dice il difensore, di un «processo mediatico». E contro chi, dicono loro, li ha fatti apparire come «mostri».

Le urla hanno fatto immediatamente scattare la corsa degli agenti penitenziari in aula. Preoccupati che la tensione degenerasse due anni dopo quel pestaggio sanguinario che in 54 brutali secondi lasciò il 21enne senza vita e senza un organo intatto.

Palestrati, supertatuati e con una fama violenta e opaca che li precedeva, i fratelli Bianchi quella notte erano stati chiamati apposta. Per punire chi aveva osato intervenire in una lite e provare a sedarla. E, a sentire gli amici di Willy, succedeva spesso che venissero usati come una sorta di «servizio d’ordine» dell’arroganza criminale.

Erano arrivati a tutta velocità. Avevano frenato bruscamente. Parcheggiato. E si erano avventati proprio su quel ragazzo esile, insieme a Francesco Belleggia e Marco Piancarelli, massacrandolo.

Furono «gli altri», dicono loro. «Nel buio» non si distingueva chi davvero colpì Willy, insiste il difensore. Ma le testimonianze sono univoche. Il primo a parlare in aula e dire cos’era successo la sera dell’omicidio è l’amico che era con Willy, Samuele Cenciarelli. Ieri era anche lui con gli amici stretti attorno a Lucia, la mamma della vittima. E ha contestato: «Io ero lì. Si vedeva che picchiavano tutti insieme. Usano la scusa dei lampioni spenti ma si stanno arrampicando sugli specchi».

Loro negano. Marco ammette di avergli dato solo un calcio al fianco sinistro e una spinta : «Ma si è subito rialzato». Gabriele accusa Belleggia: «Gli ha dato un calcio sul viso prendendo la rincorsa».

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