Allerta caldo, così le ondate saranno la norma e si sposteranno sempre più a Nord

di Massimo Sideri

L’esperto Antonello Pasini (Cnr): «Il ruolo svolto dall’uomo nel cambiamento climatico è innegabile. La parola d’ordine è gestire l’inevitabile ed evitare l’ingestibile»

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La grande secca del fiume Po tra Pieve Porto Morone (Pavia) e Castel San Giovanni, nel Piacentino (foto Ansa)

«La parola d’ordine è gestire l’inevitabile ed evitare l’ingestibile». Antonello Pasini, fisico del clima del Cnr e docente dell’Università Roma Tre, non gira intorno al problema: il suo ultimo libro, non a caso, si intitola «L’equazione dei disastri». Di fronte alle ondate di calore «che viviamo ormai da due mesi», viene meno anche quella naturale prudenza che gli scienziati del clima hanno nel collegare troppo direttamente i fenomeni puntuali, come una giornata di caldo record. «Noi scienziati del clima siamo sempre molto cauti nell’attribuire all’attività antropica la variabilità estrema del clima, ma il problema è che ne vediamo così tante di ondate di calore che la relazione di fondo ormai è fuori di dubbio. Ciò che stiamo osservando rispetta ciò che i modelli ci avevano predetto».

Che succede?

«Il problema vero — continua Pasini — è che negli ultimi decenni abbiamo avuto non solo un aumento netto delle temperature ma anche delle ondate di calore soprattutto nel Mediterraneo. Il riscaldamento di natura antropica — e questo ormai lo sappiamo — si sta spostando verso Nord. Ora, mentre prima il semestre caldo era caratterizzato dall’anticiclone delle Azzorre, quello di cui parlava il famoso Colonnello Bernacca, oggi abbiamo l’anticiclone africano che prima rimaneva sul deserto del Sahara. È questa la ragione scientifica che crea queste ondate di calore che vediamo da quasi due mesi. Le stesse che portano con sé la siccità perché tipicamente l’anticilone crea una zona dove non piove mai».

Cosa è cambiato?

A cambiare tra l’anticiclone delle Azzorre e quello africano che ha allargato il proprio campo di azione è la maggiore potenza e durata. L’equazione del disastro è molto complessa, ma gli effetti si vedono. Il primo, declina Pasini, è che «quando ci troviamo sul margine occidentale dell’anticiclone, come sta accadendo in questo periodo, entrano i venti dello scirocco che possono essere anche molto poderosi. È vero che non esiste l’autocombustione ma questa situazione favorisce l’espansione degli incendi e anche la difficoltà a spegnerli. Non è un caso che lunedì Roma fosse accerchiata dai roghi».

L’anticiclone

Non finisce qui: «La temperatura che aumenta fa sì che la neve cada sempre a quote più elevate e questo alimenta la siccità della Pianura Padana: due o trecento metri di neve in meno coincidono con una grande quantità di acqua che ci perdiamo perché la pioggia violenta scorre e non viene immagazzinata». L’effetto domino potrebbe continuare: meno acqua significa meno possibilità di usare le centrali idroelettriche, dunque meno energie rinnovabili. «Quando infine, come è accaduto a Nord Ovest negli ultimi due giorni,— conclude Pasini — l’anticiclone si ritrae un po’ entrano delle correnti fredde e a causa del contrasto con il mare caldo e il suolo caldo accadono i disastri».

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