Lagarde, addio tassi negativi e stop ai sostegni. Alla Bce finisce l’era del denaro gratis

Christine Lagarde

Dal dicembre dell’anno scorso, la Banca centrale europea ha iniziato il suo percorso verso la normalizzazione delle politiche monetarie. Tale processo ha preso il via con l’annuncio da parte nostra che nel primo trimestre di quest’anno avremmo posto fine agli acquisti degli asset netti nell’ambito del Programma di acquisto per l’emergenza pandemica (PEPP), e così è stato. Il processo è proseguito con l’annuncio di una data conclusiva per gli acquisti netti nell’ambito del Programma di acquisto di attività della Bce (APP). Con l’evolversi delle prospettive di inflazione, abbiamo anche adeguato la nostra comunicazione relativa alla probabile tempistica di aumento del tasso di interesse, in linea con la nostra guidance prospettica.

Il clima mutevole

La normalizzazione non è un concetto predefinito: dipende dal clima che si trova ad affrontare e dalla natura degli choc che colpiscono l’economia. Oggi le nostre economie stanno tornando ad aprirsi, ma non stiamo rientrando nel mondo che ci siamo lasciati alle spalle all’inizio del 2020, quando è esplosa la pandemia. A quei tempi, l’economia della zona euro aveva vissuto un periodo prolungato di inflazione troppo bassa con una media dell’1,1 per cento dal 2012. I fattori che spiegano questa bassa inflazione erano complessi, riflettevano un’interazione della persistente debolezza della domanda, di forze strutturali e di aspettative di un’inflazione strisciante (…). Esisteva un rischio concreto che si consolidasse e questo è il motivo per cui le politiche della Bce si sono concentrate sull’allontanamento di questo ambiente disinflazionistico. Oggi le condizioni sono cambiate in maniera significativa. Tre choc simultanei hanno spinto l’inflazione a livelli record.

Per prima cosa abbiamo dovuto far fronte a una serie di shock per i prezzi degli imput e dei costi dei generi alimentari. C’è il mancato rispetto da parte dell’Opec Plus degli obiettivi di produzione e poi vi sono le ricadute negative e le complicazioni dovute alla guerra in Ucraina. Tutto ciò ha portato a un’impennata dei prezzi dell’energia e dei generi alimentari.

In secondo luogo, abbiamo affrontato choc sia alla domanda sia alla offerta di beni industriali. La domanda è stata alimentata dalle politiche di stimolo delle economie più importanti e da un cambiamento forzato durante la pandemia nella spesa al consumo dai servizi ai beni. D’altro canto, l’offerta è stata compressa da una fiacca ripresa della produzione industriale dovuta ai lockdown, ai colli di bottiglia dei trasporti e della logistica e dalle politiche “zero Covid” in Cina.

Terzo, abbiamo avuto lo choc provocato dalla riapertura delle economie dopo i lockdown che ha innescato una rapida inversione di marcia della domanda di servizi. Oltre a tutti questi choc, stiamo assistendo anche a un’inversione parziale di alcuni dei trend strutturali che hanno contribuito a mantenere bassa l’inflazione negli ultimi dieci anni(…). Quando gli choc dell’offerta svaniranno, è improbabile che facciano ritorno le dinamiche disinflazionistiche dell’ultimo decennio.

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