Assistenza a 3,5 milioni di anziani non autosufficienti: la vergogna d’Italia

di Milena Gabanelli e Simona Ravizza

Ognuno di noi può augurarsi due cose: la prima è quella di attraversare l’esistenza e diventare anziani, la seconda di essere poi in grado di badarci da soli. E se non dovesse andare così, di poter essere assistiti dignitosamente. Oggi in Italia, secondo le ultime stime Istat, ci sono 3,8 milioni di anziani non autosufficienti, ovvero con gravi limitazioni motorie, sensoriali (vista/udito) o cognitive. Per loro è indispensabile essere affiancati e sostenuti in tutte le attività di base della vita quotidiana. Tra i 250 e i 300 mila sono ospiti nelle case di riposo (qui il Dataroom del novembre 2020), all’incirca 3,5 milioni vivono a casa.

Come è organizzata l’assistenza

L’assistenza è organizzata in questo modo: a 1,4 milioni vengono dati 529,94 euro al mese di indennità di accompagnamento dall’Inps; a 131 mila i servizi sociali del Comune mandano qualcuno che li aiuta ad alzarsi, mangiare e vestirsi (Sad); e 858.722 hanno l’assistenza domiciliare integrata (Adi) che dipende dal servizio sanitario nazionale e consiste in un infermiere a casa per un massimo di 18 ore l’anno. Tutto questo dopo avere peregrinato per sportelli e commissioni diverse di Inps, Servizi sociali e Asl come denunciato nel Dataroom del maggio 2021.

I finanziamenti del Pnrr

Pagare l’infermiere che viene a casa per 18 ore l’anno oggi costa 1.983 per ogni non autosufficiente. La spesa totale annua è di circa 1,7 miliardi di euro. Su pressione del Patto per la non autosufficienza che raggruppa 50 associazioni di anziani e delle loro famiglie, il governo Draghi (a differenza dal Conte II) ha destinato risorse del Pnrr. L’Ue darà 2,72 miliardi di euro per contribuire ad assistere a casa con l’Adi di qui al 2026 altri 806.970 non autosufficienti (il 10% degli over 65 contro il 6,2% di oggi).

I finanziamenti Ue saranno scaglionati negli anni, e anche la crescita del numero di assistiti sarà graduale. Complessivamente i costi saranno coperti per il 52% dai fondi del Pnrr, il resto dai circa 500 milioni annui aggiuntivi che lo Stato metterà tramite il fondo sanitario nazionale (qui il documento).

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