Macron detta la linea Ue: “Non si umilia la Russia. Sui negoziati decide Kiev”

Francesco De Remigis

Il doppio passo (felpato) di Emmanuel Macron dribbla le contraddizioni con cui ieri a Strasburgo le autorità comunitarie hanno celebrato la Giornata dell’Europa; l’embargo al petrolio russo annunciato dalla Commissione europea slitta per mancate intese tra Paesi membri, e le ambiguità sulla crisi ucraina da parte di taluni leader confliggono ogni giorno di più con la volontà di dare un senso compiuto alle sanzioni occidentali contro Mosca.

Macron ci prova. Guardando alla guerra in corso a est e al futuro dell’Ucraina, cerca di dare anzitutto una rotta ai 27. «Quando la pace tornerà sul suolo europeo, dovremo costruire nuovi equilibri di sicurezza» senza «mai cedere alla tentazione di revanscismi, umiliazione o spirito di vendetta ma sedendoci allo stesso tavolo con Russia e Ucraina». Un tuono, che risuona Oltreatlantico ancor prima del temporale scatenato dall’intero discorso all’Europarlamento del presidente francese, guida «politica» del Consiglio dell’Ue fino al 30 giugno. «Non siamo in guerra contro la Russia, lavoriamo per preservare l’integrità territoriale dell’Ucraina, per la pace nel nostro continente», insiste Macron. «Ma sta solo a Kiev definire i termini dei negoziati con la Russia». Una replica tanto a Putin, quanto a Biden e soprattutto alla Nato.

Nel frattempo il mondo è stato capovolto e i suoi equilibri sono saltati; restano le alleanze. Vecchie e rinnovate, come quella tra Francia e Germania che insieme cercano di riaffermare il baricentro europeo nella crisi. «Libertà e speranza nel futuro hanno il volto dell’Ue». Macron ne è convinto, tanto da ripeterlo anche a Berlino con Olaf Scholz, nella prima missione all’estero da presidente rieletto. Che fare, dunque? «Sull’invio di armi, Putin non ci lascia altra scelta», dice il cancelliere tedesco. «Aiutiamo l’Ucraina». Armi pesanti pure da Berlino, per ribadire il principio «d’inviolabilità dei confini»; leso da Putin e dal suo «progetto di rivincita di un impero russo». Non mandarle, per Scholz, «rafforzerebbe l’aggressore nella sua azione criminale». Nelle ultime ore il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg si era spinto a porre la restituzione della Crimea all’Ucraina quasi come condizione per la pace; travalicando il suo ruolo a poche ore dalla presunta (travisata) apertura di Zelensky sul lasciare la penisola a Putin. Frasi fraintese, ma in apparenza sfruttate dall’inquilino dell’Eliseo per fare un po’ d’ordine.

Invio di armi, certo: «Affinché l’Ucraina possa resistere e la Russia non vinca», chiarisce Macron. Evitare però «qualsiasi escalation»; anche verbale. L’ipotesi di regime change a Mosca, dal sen fuggita a Biden tempo addietro, aveva già innescato una bufera diplomatica; Macron suggerì di stare «attenti alle parole»”. In un colpo solo, prova quindi dalla «casa comune» dei 27, l’Europarlamento, a rimettere l’Europa al centro della carreggiata geopolitica, evitando che il sostegno militare a Kiev non deragli dai binari tracciati di comune accordo in seno all’Alleanza atlantica, e al tempo stesso accelera sul percorso di riforma dei trattati comunitari. «Europa indipendente, più forte e sovrana». A Washington saranno fischiate le orecchie. La linea Macron, che doveva passare senza intoppi, e anzi tra gli applausi dell’Europarlamento, trova però lo sgambetto immediato di 13 Paesi Ue. Non ha neppure finito di annunciare la tabella di marcia per «modificare i trattati» – una Convenzione ad hoc da proporre al Consiglio europeo del 23 e 24 giugno – che il tema della «revisione» di Maastricht & Co. Viene bollato dai baltici e non solo come «sconsiderato e prematuro». La presidente dell’Eurocamera Metsola e quella della Commissione europea Von der Leyen sostengono invece l’idea, di disinnescare il temuto «veto» che ha bloccato spesso il continente nella definizione di politiche estere comuni, facendo dell’Europa l’anello debole tra le potenze.

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