Conte-Draghi, crescono le tensioni nel governo

È indubbio che Conte stia attuando una nuova strategia, più diretta, meno appesantita dalla retorica istituzionale. La svolta degli ultimi giorni è evidente e secondo i suoi uomini serve a conquistare uno spazio politico. Conte ha puntato a un bersaglio, Draghi, senza più i tentennamenti a gravarne gli spunti polemici. Non fa più vaporosi riferimenti a un generico governo, cita il premier con nome e cognome, per difendere il Superbonus, per criticarlo sull’inceneritore di Roma, per invitarlo a discutere con il Parlamento. Conte cerca un confronto che assume ogni giorno di più i contorni di un duello. Che però resta disegnato in bozza, perché manca di una parte fondamentale: l’altro duellante.

Draghi resta coerente con un metodo che è conseguente alla particolare natura della sua leadership. Non scende nell’agone della politica. Solo tre volte Conte ha chiesto un confronto, rivelano fonti vicine al premier, e ogni volta lo ha avuto. Per il resto ha evitato di rientrare a Palazzo Chigi da ospite. Draghi ai collaboratori chiede di lavorare per spegnere ogni focolaio. Anche quando avrebbe voglia di replicare a sua volta. Come è successo sul bonus del 110%. A Conte non è piaciuto che lo abbia sconfessato a Strasburgo e gli ha ricordato che è «una misura che gli ha permesso di fregiarsi del 6% di Pil». Per Draghi non è così, e sulla base dei dati Istat considera l’apporto del bonus inferiore all’1% della crescita, che è il valore dell’intero comparto edilizio. Alla fine, il premier ha ceduto a un’ennesima revisione. Perché, dice, conta «la stabilità del quadro politico e sociale», necessario a realizzare le riforme programmate. Anche a costo di qualche compromesso. Ma senza farsi ustionare dai riflettori. Con Matteo Salvini per ora ha funzionato. Con Conte meno.

LA STAMPA

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