La nostra Europa vicina al tramonto

La crisi dell’Europa – delle ragioni strategiche e culturali che sono alle sue radici: dialogo tra i grandi spazi del pianeta, riconoscimento delle loro differenze, ripudio della guerra come mezzo di soluzione delle controversie internazionali – apre per i suoi membri più deboli prospettive interne drammatiche. Quando i nostri leader diranno la verità sulla nostra situazione, chiamando tutti a responsabilità concrete? Da più di vent’anni tutti i “fondamentali” dell’economia italiana peggiorano. Pandemia e guerra hanno drammatizzato le nostre condizioni, ma non ne sono certo i soli colpevoli. Tergiversare ancora sarà impossibile. Nel 2021 il debito ha superato i 2700 miliardi, oltre il 160% del Pil (era, se non sbaglio, circa l’80% alla fine degli anni ’80); il tasso di disoccupazione (malgrado le migliaia di controllori, vigilanti, sanificatori e altre nuove occupazioni altamente produttive inventate per combattere il Covid) continua a essere per i giovani oltre il 24% e nel Mezzogiorno i posti di lavoro sono mezzo milione meno di trent’anni fa. È lecito chiedere al conducente chi pagherà il conto? Come saranno distribuiti i sacrifici per l’inflazione conseguente all’aumento di tutte le materie prime, ivi comprese quelle che servono a nutrirci? E’ la Banca mondiale a dire che ci saranno centinaia di milioni di nuovi poveri sulla faccia della Terra. Quanti di questi saranno italiani? Dipenderà, penso, dalle nostre politiche. Quali, di grazia? Non si metteranno le mani in tasca a nessuno, proclamano tutti all’unisono. Ciò equivale a decidere di metterle nelle tasche più vuote, lasciando fare alle sovrane leggi di mercato. Oppure si hanno in mente politiche fiscali che riducano l’impatto dell’inflazione che per propria natura penalizza i meno abbienti? Le grandi autorità finanziarie internazionali non mi pare si siano in passato eccessivamente preoccupate del problema (vero Grecia?). Altra via: continuare ad aumentare il debito, fino a quando gli arbitri te lo concederanno. Qualche santo, cioè qualche figlio e nipote, poi ci penserà. Ma parlare di queste faccenduole durante una guerra che potrebbe condurre a una catastrofe globale suona addirittura penoso. Dunque, meglio non discuterne, evitare conflitti a proposito, neutralizzarli ancora più che durante la “guerra al Covid”. L’emergenza continua; lo stato di eccezione è ormai puramente e semplicemente lo stato. Che Cincinnato rimanga a vita e il Senato ratifichi obbediente.

LA STAMPA

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