Crisi Ucraina, cosa può convincere Vladimir Putin a fermarsi?

di Paolo Valentino

Un compromesso potrebbe arrivare dal “congelamento” del processo di adesione dell’Ucraina alla Nato per il prossimo decennio

DAL NOSTRO INVIATO
BERLINO — C’è una via d’uscita dalla crisi in Ucraina, che non sia quella dello scontro armato? Mentre le forze russe ormai circondano il Paese su tre lati e la Casa Bianca pianifica l’invio di migliaia di soldati nell’Europa orientale, il rischio che la situazione sfugga di mano si fa ogni giorno più concreto. È significativo che diversi Paesi occidentali (Stati Uniti, Gran Bretagna e Australia in testa) e la stessa Russia abbiano cominciato a rimpatriare i loro diplomatici da Kiev. Una soluzione diplomatica non è al momento sul tavolo. Non sono accettabili le pretese di Vladimir Putin che l’Ucraina non entri mai nella Nato, l’Alleanza rinunci per sempre a espandersi e Mosca si veda di nuovo riconosciuta una sfera di influenza come al tempo della Guerra Fredda. Ma non tutto è come appare.

Intanto perché la brinkmanship, la diplomazia sull’orlo dell’abisso del capo del Cremlino, ha già prodotto il risultato sperato: mai dalla caduta dell’Urss, Mosca è si è vista concedere l’attenzione e il rango che rivendica nel concerto internazionale. Ma soprattutto perché Putin non può permettersi una guerra di aggressione, che farebbe della Russia per anni un paria della comunità delle nazioni oltre a caricarla di costi economici insostenibili.

Da ogni crisi però, si esce soltanto se a ognuno dei contendenti è consentito di non perdere la faccia. «Ci vuole molta creatività», ha detto pochi giorni fa al Corriere l’ambasciatore Richard Burt, l’uomo che negoziò con l’Urss il Trattato Start per la riduzione dei missili strategici. Lo snodo cruciale sono le garanzie di sicurezza richieste da Putin. Il punto di caduta sarà probabilmente nel riconoscimento che l’Ucraina non ha i requisiti per essere accettata come membro della Nato e probabilmente non li avrà per il prossimo decennio: corruzione diffusa, scarsa democrazia, conflitti interni e situazione critica delle minoranze sono ostacoli insormontabili. È stato lo stesso Joseph Biden a definire «improbabile» l’ingresso di Kiev nell’Alleanza, segnalando che su questo «c’è spazio di manovra». Ma nulla di più. Gli Usa e la Nato riconfermerebbero la politica delle «porte aperte», che dà a ogni Paese il diritto di chiedere l’adesione, perché nessuno, tantomeno Putin, può ipotecare il futuro di una nazione sovrana.

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