Meno male che Silvio c’è

Insomma, se l’obiettivo di Salvini era arrivare al “piano b” non ha fatto i conti col Cavaliere. È ingenuo se pensare di andare da lui e dirgli “Silvio, tu non hai numeri, però se tentiamo tizio o caio, Renzi ci sta” e ottenere dall’altro un “bravo, come ho fatto a non pensarci prima”. Se invece, come si presume, non è ingenuo e questo lo sa pure lui, significa che sta facendo finta di volerne altri, ma in verità sa quale sia il punto di caduta, cioè un accordo col Pd per salvare capre (il Quirinale) e cavoli (governo e legislatura).

C’è poco da fare: in questa ridda di “piani b” reali o presunti si arriva un punto ovvio sin dall’inizio, e cioè che nessuno dei due schieramenti ha i numeri per forzare. Per cui alla fine, per sottrazione e pigrizia della politica, c’è solo Draghi o Mattarella. Più si avanti così, più si arriverà, fallite le altre ipotesi, a pregare l’uno o l’altro di salvare la patria. E non a caso sul primo, che oggi incassa anche l’endorsement dell’ambasciata americana, Gianni Letta aspetta tutti al varco. Mentre a favore dell’ipotesi “congelamento” dello status quo si sarebbe espresso, venuta meno l’ipotesi a, Marcello Dell’Utri. Però c’è il problema di Salvini, che non vuole chiederlo, della Meloni, che ha già detto no, e dell’indisponibilità di Mattarella stesso.

Dopo questo allegro di giro dell’oca, sempre al punto di partenza si torna, e cioè se a Draghi ci si arriva “al buio” sul governo che verrà o con un governo confezionato, ed è la differenza tra una crisi di sistema e una manovra politica. Che non è un dettaglio di poco conto. 

L’HUFFPOST

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