La mossa di Draghi: nei colloqui con i fedelissimi il premier respinge la tentazione del semipresidenzialismo

Annalisa Cuzzocrea

«Se toccasse a me essere scelto per il Quirinale, non potrei certo indicare un successore o mettere a punto un nuovo esecutivo. Lascerei mano libera alla politica, sarebbero i leader a trovare un accordo tra loro». Al telefono con un esponente di governo, Mario Draghi manda un messaggio che non può essere frainteso. Nessun semipresidenzialismo di fatto, nessuna mania di grandezza. Il presidente del Consiglio rispetta tutte le prerogative dei partiti e del Parlamento. Sa che il suo futuro è nelle loro mani. Soprattutto, sa che è quello che i leader vogliono sentirsi dire.

A un anno e mezzo dalla fine della legislatura – bene che vada – la politica vuole riprendersi la sua autonomia. E la partita del Quirinale è lo scenario ideale per farlo. Tutto si muove in questa direzione. Soprattutto, così si stanno muovendo il presidente del Movimento 5 stelle Giuseppe Conte, il segretario del Partito democratico Enrico Letta e quello della Lega Matteo Salvini. Che si sono sentiti, e visti, in una triangolazione che va avanti da giorni. Senza fare troppa pubblicità, ma senza negarlo e senza affidare la trattativa a sherpa o emissari. Perché – è quello che si sono detti – se loro tre saranno in grado di trovare un’intesa, nessuno potrà forzare la mano sulla presidenza della Repubblica.

«Dobbiamo farlo per il bene del Paese», ha detto ai suoi Giuseppe Conte, davanti alla sorpresa di vederlo parlare con colui che ha fatto cadere il suo primo governo compiendo quello che l’avvocato ha considerato un tradimento politico. «Non è il momento di pensare alle nostre simpatie e non è il caso di affidare il dialogo a qualcun altro, seguirò tutto in prima persona. Fidatevi di me».

Il primo segnale di un’intesa nuova, che conviene a tutti gli attori per molte ragioni, è arrivato sulla richiesta di un nuovo scostamento di bilancio per dare ristori alle attività in crisi e per aiutare le imprese e le famiglie provate dal caro bollette. Il premier ha reagito tiepido, ma la richiesta è arrivata all’inizio dell’anno dal Movimento 5 stelle, negli ultimi giorni dalla Lega di Salvini, e ieri – esplicitamente – dal Pd. Che già proprio con Letta aveva chiesto «scelte coraggiose».

A Palazzo Chigi, non a caso, parlano di «un’aria di burrasca mascherata da bonaccia». Perché a Draghi – nelle conversazioni private – tutti dicono: «Se si creeranno le condizioni siamo pronti a sostenerti», ma quel che si sta tentando – invece – è di fare a meno di lui. Per il Quirinale, ovviamente. Non certo per la guida del governo in un anno che si prevede travagliato. È per questo che l’idea di un ingresso dei leader nell’esecutivo, gli assi di briscola – per dirla con Salvini – è stata subito bollata dal Nazareno come una «solenne sciocchezza». Con un avviso rivolto proprio al leader della Lega: «Per noi tutto quel che è costruzione di un dialogo va bene, ma mettiamo da parte le provocazioni».

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