I sindacati che dimenticano i giovani

Stefano Lepri

Si potrebbero certamente concedere sgravi fiscali più consistenti ai redditi più bassi. Ma non perché se ne daranno troppi ai redditi medi o medio-alti, come sostengono Cgil e Uil nel preparare lo sciopero generale di giovedì prossimo. Piuttosto, occorrerebbe incidere su altre storture del sistema tributario create di recente, sulle quali pare impraticabile intervenire: si chiamano forfait e Superbonus. Le cifre in ballo per l’imposta sul reddito sono modeste, anche al confronto di una giornata di lavoro perduta. Viene il sospetto che il fisco sia un pretesto, e che lo scopo vero della vertenza sia un altro. Ormai l’interesse che più i sindacati sono determinati a difendere è quello delle fasce anziane di lavoratori dipendenti, prossimi alla pensione. Però uno sciopero per andare in quiescenza prima non si poteva fare, perché i pensionamenti anticipati sono un cavallo di battaglia della destra, soprattutto della Lega. Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, voleva evitare di fare da spalla a Matteo Salvini; pur se le loro richieste sono simili. Su quel tema poi Draghi è riuscito a imporre i tempi lunghi di un negoziato. Così, per premere sul governo da subito, si è esasperato un dissenso di scarsa portata. Da qualsiasi lato lo si guardi, il problema di come i lavoratori sono rappresentati si aggrava. Non soltanto perché l’altra grande confederazione sindacale, la Cisl, non aderisce allo sciopero. Non soltanto perché i dipendenti a reddito medio o medio-alto che saranno i beneficiari principali dei previsti sgravi dovrebbero essere protetti dai sindacati anche loro. La carenza principale è che le fasce di lavoratori più giovani o precari vengono difese poco. Li danneggia che i colleghi più anziani vadano a riposo prima perché dovranno pagare in futuro più contributi o più tasse per sorreggere il sistema previdenziale. Li danneggia che i sindacati, per difendere il proprio potere negoziale, ostacolino la fissazione per legge di un salario minimo. All’origine della Cgil c’era la solidarietà di classe: tutti i lavoratori sono uguali. Oggi il sindacato, a somiglianza dei partiti, non riesce a elaborare progetti unificanti, e insegue le esasperazioni capaci di farsi notare, come è accaduto per le proteste contro il «Green Pass».

L’interesse collettivo torna in campo solo strumentalmente, quando Landini ricorda che «oltre il 90%» dell’Irpef lo pagano dipendenti e pensionati. Già, come mai? Uno squilibrio annoso si è aggravato da quando la parte restante del mondo del lavoro, gli autonomi, ha ricevuto condizioni di favore con il forfait per le partite Iva fino a 65.000 euro di ricavi, voluto da Lega e M5S. Del forfait tuttavia non conviene parlare, perché sarebbe scontro frontale, e si tace. Ancora più stridente è lo squilibrio creato dal «Superbonus» al 110%, misura gradita a tutti i partiti, sia di governo sia di opposizione. Una cifra più alta di quella di cui si discute per gli sgravi Irpef verrà spesa, in fin dei conti, a vantaggio di pochissimi spesso benestanti (finora, fa sapere l’Ufficio parlamentare di bilancio, gli alloggi ristrutturati sono meno dell’1% del totale).

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