Spinta alla terza dose, ecco il piano di Figliuolo. La corsa delle aziende ad aggiornare i vaccini

di Cristina Marrone e Fabio Savelli

Alcune regioni faticano a ripristinare la rete vaccinale. Dal 1 al 12 dicembre la media di 400mila inoculazioni. Paul Burton, capo dei ricercatori di Moderna ha dichiarato che l’azienda sarà in grado di produrre il nuovo vaccino entro l’inizio del 2022

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Nuovi obiettivi. Più vincolanti e stringenti. Perché alcune regioni faticano a ripristinare la rete vaccinale estiva dopo averla parzialmente smontata. È soprattutto un invito, registrano fonti, a richiamare il personale sanitario nei punti di somministrazione per dare un’accelerazione a questa nuova fase della campagna vaccinale tra dosi booster e prime punture per gli ultimi recalcitranti al vaccino. Ci sono alcune regioni che viaggiano a scartamento ridotto. Per questo la struttura commissariale, guidata dal generale Francesco Figliuolo, ritiene utile vincolarle a target più ambiziosi. Nelle prossime due settimane — tra il 1 e il 12 dicembre — il commissario vuole viaggiare ad una velocità di circa 400mila inoculazioni al giorno in una forchetta che, a seconda dei giorni feriali o meno, dovrà oscillare tra le 350mila e le 450mila. Si tratta di valori in linea con lo scorso mese di aprile poi superati a maggio. Al momento siamo lontani. Il giorno di picco delle dosi booster è stato venerdì 26 novembre con 347.424 punture. Ancora poco, vista la necessità di coprire oltre 16 milioni di over 60 e assicurare il più possibile alla campagna molti dei 7 milioni di non vaccinati, incentivati ora dai vincoli alle attività sociali imposti dal 6 dicembre dal super Green Pass.

Le più in ritardo sono Sicilia, Calabria e Friuli Venezia Giulia, che hanno coperto appena un terzo di tutti i destinatari. Vanno molto meglio il Molise (75%), il Piemonte (63,2%), l’Umbria (60,6%), la Toscana (60,1%) e il Lazio (58,5%). In valori assoluti la Lombardia è avanti a tutti: ha già inoculato 954mila richiami. Il completamento del ciclo vaccinale è diventato urgente anche per uno scenario epidemiologico più complesso e un’efficacia che comincia a declinare in tutte le fasce d’età. I vaccini non mancano anche in virtù del fatto che i richiami hanno un dosaggio ridotto: un terzo quella di Pfizer, la metà quella di Moderna. Ci sono 6 milioni nei frigoriferi di hub e ospedali, 2 milioni di riserva centrale, altre 8 milioni in arrivo entro fine anno. Un numero sufficiente anche per avviare le inoculazioni di chi tra i 40 e i 59 anni si sta prenotando. Patrizia Popoli, presidente della Commissione tecnico-scientifica dell’Aifa ha chiarito ieri che «si arriverà progressivamente a proporre la terza dose a tutti coloro che abbiano completato il ciclo vaccinale da 5 mesi. I bambini sopra i 12 anni verosimilmente subito dopo le altre fasce d’età».

Nel mentre le case farmaceutiche sono al lavoro per aggiornare i vaccini contro Omicron, se dovesse emergere che la variante sfugga alla protezione offerta dai farmaci in uso. Pfizer-BioNTech e Moderna sono avvantaggiate perché producono vaccini a mRNA, una tecnologia che consente una rapida modifica. Paul Burton, capo dei ricercatori di Moderna ha dichiarato che l’azienda sarà in grado di produrre il nuovo vaccino su larga scala entro l’inizio del 2022: «È un virus dall’aspetto pericoloso ma abbiamo molti strumenti nel nostro armamentario per combatterlo». Anche Pfizer-BioNTech stanno già lavorando a un vaccino ah hoc capace di intercettare le varianti, Omicron compresa. Le due società hanno dichiarato di poter «adattare» l’attuale farmaco entro sei settimane e spedire i lotti iniziali entro 100 giorni. Proprio la distribuzione sarà un nodo importante da sciogliere per non rallentare la campagna vaccinale mondiale. Sono in realtà mesi che le case farmaceutiche sono impegnate in prove generali. Pfizer-BioNTech hanno portato avanti ricerche esercitandosi su varianti di Sars-CoV-2 come Beta e Delta; hanno testato con studi clinici vaccini aggiornati e messo a punto flussi di lavoro per essere pronte a muoversi velocemente se e quando dovesse emergere una nuova variante «immune escape».

Le due società ad agosto hanno iniziato la sperimentazione di un vaccino multivalente contro Alfa e Delta. I test non sono stati svolti perché si riteneva fossero necessari nuovi vaccini per contrastare quei ceppi, ma per testare tutti i passaggi necessari ed essere pronti in caso di necessità. La stessa cosa ha fatto Moderna che ha lavorato su Beta e Delta e su un richiamo con dose rafforzata con lo scopo di rodare il percorso. Per determinare l’efficacia dei prodotti, in alternativa agli studi randomizzati, le case farmaceutiche stanno lavorando a ricerche sull’immugenicità che misura le risposte immunitarie innescate dai vaccini contro le varianti (aumento dei livelli di anticorpi o cellule B) a confronto con i vaccini di prima generazione. E in questo caso i tempi si accorciano ancora di più.

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