Chi gioca a perdere

Quanto a Giuseppe Conte, la sua propensione a votare non è mai stata un mistero. Ultimamente ha rimescolato le carte per non urtare i gruppi parlamentari che desiderano le elezioni esattamente quanto i capponi le feste di Natale; ma si capisce che l’Avvocato del popolo tornerebbe alle urne per le stesse identiche ragioni del suo nemico Salvini. Arresterebbe l’agonia dei Cinque stelle, in tre anni più che dimezzati; espellerebbe dal Parlamento tutti gli antipatizzanti interni per inserire al loro posto gente più allineata. A questi due motivi, di per sé sufficienti, se ne aggiunge un terzo molto più personale: il mestiere del capo-popolo non fa per lui. Dicono che sia già pentito di averlo accettato. Conte intuisce che da una lunga campagna elettorale uscirebbe stremato, con la lingua fuori e l’immagine politicamente sgualcita come la sua pochette. Dunque non vede l’ora di farla finita votando subito, per male che possa andare.

Infine Enrico Letta. Se ci fosse l’opportunità di votare, non sarebbe certo lui a mettersi di traverso. Volendo provare a vincere, gli converrebbe allearsi coi Cinque stelle fintanto che questi reggono (cioè ancora per poco, dunque deve fare in fretta). Giocando a perdere, invece, il Pd aumenterebbe la propria forza parlamentare. Guadagnerebbe un numero di seggi sufficiente a compensare il taglio degli onorevoli. In più Letta proverebbe l’impagabile soddisfazione di far sprofondare i renziani e mandare un “ciaone” allo statista di Rignano sull’Arno.

A conti fatti, tutti pensano di guadagnarci e nessuno teme di lasciarci le penne. Ecco come mai più dicono di non volere le elezioni, e meno di loro ci si può fidare. 

L’HUFFPOST

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