Il lavoro autonomo che frana, una crisi sottovalutata

di   Dario Di Vico

Se ne parla poco, anzi per niente ma siamo dentro una crisi profonda del lavoro autonomo. Che abbraccia il peso degli indipendenti nel panorama occupazionale, il livello delle retribuzioni e la stessa filosofia del mettersi in proprio (e affrontare da soli il mercato). Sembra passato un secolo da quando sociologi e analisti del lavoro pronosticavano una cavalcata trionfale del lavoro autonomo che avrebbe dovuto marcare la modernizzazione dell’economia apportando, nell’era dell’economia della conoscenza, maggiore cultura del rischio, flessibilità e responsabilizzazione.

Si pensava addirittura al lavoro indipendente come un efficace messaggio di discontinuità indirizzato alle grandi (ed elefantiache) organizzazioni perché mettessero in discussione procedure e riti stantii e abbracciassero un’altra cultura del lavoro. Introducessero elementi di mercato al loro interno valorizzando però la persona e la sua crescita. Purtroppo questi presupposti sono largamente rimasti sulla carta, la vischiosità della tradizione sembra averla vinta, le crisi hanno fatto il resto e, quel che è peggio, il lavoro autonomo sta franando.

Partiamo dai numeri prendendo l’ultima rilevazione mensile dell’Istat su occupati e disoccupati. In un solo mese, da agosto a settembre 2021, gli autonomi sono calati di 28 mila unità, ma se estendiamo lo sguardo al periodo che va da settembre 2020 a settembre 2021 il taglio dell’occupazione indipendente è di 150 mila unità.

Per avere un termine di paragone varrà la pena ricordare come nello stesso periodo l’occupazione dipendente è cresciuta di ben 422 mila unità, 69 mila a tempo indeterminato e 353 mila a termine. In sostanza il Pil avanza e gli autonomi arretrano. L’apertura di nuove partite Iva nel 2020 era stata di circa 15 punti inferiore all’anno prima, gli ultimi dati riferiti al terzo trimestre 2021 paragonati allo stesso periodo (horribilis) del 2020 danno un incremento assai limitato (+1,4%) dopo un recupero nei mesi precedenti. Da segnalare, poi, come una su quattro delle nuove partite Iva cerchi lavoro nel campo del commercio. Non abbiamo ancora i dati sulle chiusure che negli anni pre-pandemia viaggiavano nell’ordine del 70-80% delle nuove aperture, ma molto probabilmente il fenomeno si è accentuato. Confermando anche per questa via come il lavoro autonomo sia una sorta di porta girevole dell’occupazione, si entra e si esce pressoché in silenzio.

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