Irene Pivetti, l’indagine per riciclaggio e le tre Ferrari: sequestro da 4 milioni di euro

L’unico «bene effettivamente ceduto», e «passato nella disponibilità del gruppo cinese, sarebbe il logo della Scuderia Isolani «abbinato al logo Ferrari». Se lo scopo di «Isolani e Mascoli», sua moglie (entrambi si trasferirono alle Canarie), è stato quello «di dissimulare la proprietà dei beni e sottrarli» al Fisco, «l’obiettivo perseguito da Pivetti è stato quello di acquistare il logo Isolani-Ferrari per cederlo a un prezzo dieci volte superiore al gruppo Daohe, senza comparire in prima persona come contraente». Attraverso la «complessa contrattazione» Isolani e la moglie, «simulando la vendita dell’intera scuderia», avrebbero di fatto ceduto «soltanto il logo», mentre Pivetti avrebbe comprato il marchio a 1,2 milioni di euro e lo avrebbe rivenduto al gruppo cinese per «10 milioni» di euro.

Gli avvisi di conclusione delle indagini

In tutto gli indagati sono sette. Pivetti, Isolani, la moglie e la figlia dell’ex pilota, il notaio e due imprenditori (di cui uno cinese). Gli avvisi di conclusione dell’indagine sono stati notificati in vista della richiesta di rinvio a giudizio. Le tre auto Ferrari da competizione, del valore complessivo di oltre 1 milione di euro, sono sottoposte a sequestro preventivo. Il provvedimento è stato emesso in via d’urgenza: 3,5 milioni di euro come «profitto della frode fiscale» e 500mila euro «quale profitto delle condotte di riciclaggio dei proventi» dell’evasione. Dagli accertamenti sono emersi ricavi per «circa 8 milioni» realizzati attraverso la compravendita in particolare delle Ferrari e «sottratti a tassazione in Italia attraverso la fittizia interposizione di veicoli societari esteri».

La rotta Italia-Hong Kong

Oltre a dirottare a Hong Kong «proventi imponibili» in Italia, spiegano gli investigatori, il patrimonio della società automobilistica di Isolani sarebbe stato sottratto alle «procedure di riscossione coattiva per debiti tributari insoluti, pari a oltre 5 milioni di euro». Le indagini sono state estese, negli ultimi mesi, a «decine di giurisdizioni estere» attraverso rogatorie (verso Hong Kong, Cina, Macao, Svizzera, San Marino, Malta, Monaco, Gran Bretagna, Polonia e Spagna). È emerso che «parte del profitto della frode fiscale» era stato movimentato «sempre estero su estero».

Chi è Irene Pivetti

Ex politica, conduttrice televisiva e giornalista, sorella maggiore dell’attrice Veronica, Irene Pivetti è stata eletta deputata con la Lega e presidente della Camera nel 1994 (al quarto scrutinio). Poi è passata all’Udeur ed è rimasta in Parlamento fino al 2001. È figlia del regista Paolo Pivetti e dell’attrice e doppiatrice Grazia Gabrielli. Laureata con lode in Lettere (indirizzo filosofico) alla Cattolica di Milano, dopo l’università ha lavorato come consulente editoriale per Motta Editore, Selezione, Mondadori, Club degli Editori e De Agostini. Oggi cura un blog e lavora come imprenditrice.

Il caso mascherine

Nell’aprile 2020, durante la prima ondata Covid, la Guardia di Finanza aveva sequestrato circa mezzo milione di mascherine importate dalla Cina dalla Only Logistic, l’azienda di Irene Pivetti. Erano state ritenute non idonee e di scarsa qualità. Gli inquirenti erano risaliti a quattro fatture emesse dalla sua società alla Protezione Civile per la cessione di 15 milioni di mascherine (valore totale: 25 milioni di euro). Sulla base di quest’inchiesta erano stati bloccati 1,5 milioni di euro sui conti correnti della società e Pivetti era stata indagata — assieme ad altre quattro persone — con l’accusa di frode in commercio, falso ideologico, uso di atto falso, ricettazione, fornitura di prodotti non conformi, violazione di dazi doganali e reati fiscali. Un procedimento era stato aperto anche dalla Corte dei conti a Roma. Sul caso mascherine indaga anche la Procura di Milano.

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