L’ombra dei servizi segreti sull’ultimo governo Conte

Jacopo Iacoboni

Tra la tarda mattinata e il primo pomeriggio di sabato 16 gennaio il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa ebbe alcuni contatti politici del livello più alto in cui gli fu chiesto, senza girarci intorno, l’appoggio dei senatori Udc a Giuseppe Conte in una chiave di «responsabilità nazionale» nel voto di fiducia che si sarebbe dovuto tenere a Palazzo Madama il martedì mattina successivo, 19 gennaio. La risposta di Cesa fu aperta, ma non su un punto: per aprire un dialogo con i centristi occorreva passare da una crisi formale di governo. Proprio in quella giornata stava nascendo in Senato il gruppo Maie-Italia23, concepito per accogliere i sostenitori di Conte. La risposta di Cesa non piacque a chi in quei giorni faceva pressioni per un Conte ter. E furono tanti.

Cinque giorni dopo, all’alba di mercoledì 21 gennaio, agenti della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, per ordine del procuratore Nicola Gratteri, perquisivano l’abitazione romana di Cesa contestandogli il reato di associazione per delinquere aggravata dal metodo mafioso. Una coincidenza, naturalmente, ma adesso Bruno Vespa ne racconta un’altra nel suo nuovo libro: «Subito dopo la perquisizione, il segretario dell’Udc ricevette la visita di un importante agente segreto che conosceva da tempo e gli avrebbe detto, più o meno: non preoccuparti, questa storia si risolve, ma cerca di comportarti con saggezza». Vespa non ne rivela il nome, e Cesa si è chiuso nel silenzio. A La Stampa risulta che abbia parlato di nuovo ieri l’altro con il giornalista, e non abbia fatto nessuna smentita. Una fonte importante tra i centristi riferisce non di un incontro, ma di un altro tipo di contatti, con qualcuno dei servizi, fatto sta che il racconto è confermato.

È solo l’ultimo tassello di una connessione di interessi e poteri trasversali che si mossero in quelle ore, soprattutto attorno ai democristiani, che però si riveleranno più ostici del previsto. Una fonte centrista che ha la massima conoscenza della storia ci racconta: «Cesa riceveva una telefonata al minuto, in quelle ore. Politiche, istituzionali, e anche da uomini del Vaticano». Chiarisce: «Molte erano pressioni vere e proprie. Dal Vaticano non pressioni, ma alcuni uomini del Vaticano ci esponevano la forte preoccupazione di una crisi al buio, in un momento così drammatico per l’Italia».

Su La Stampa Massimo Giannini, in un editoriale del 17 gennaio che ora riceve nuove conferme, aveva scritto «di senatori contattati da noti legali vicini al premier, da presidenti di ordini forensi a nome dello Studio Alpa, da generali della Guardia di Finanza, da amici del capo dei servizi segreti Vecchione, da arcivescovi e monsignori vicini al cardinal Bassetti e alti prelati vicini alla Comunità di Sant’Egidio».

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