Orlando: “Un patto con i sindacati sulle pensioni, trattiamo anche sul salario minimo”

Annalisa Cuzzocrea

Andrea Orlando pensa che scioperare, in questo momento, non serva. E che sulle pensioni bisogna piuttosto lavorare, insieme ai sindacati, per superare le rigidità della legge Fornero e andare incontro alle esigenze delle nuove generazioni. Propone un patto, il ministro del Lavoro, tenendo dentro anche politiche attive e salario minimo. E a chi come Matteo Renzi, Matteo Salvini, Giorgia Meloni, dice che il reddito di cittadinanza va cancellato, risponde: «Pensano che i poveri lo siano per colpa loro e che chi non trova lavoro in realtà non lo cerchi. Non è così».

I sindacati – a partire dalla Cgil – non escludono lo sciopero generale contro una manovra economica al di sotto delle aspettative. Come risponde?
«Il sindacato fa le valutazioni che crede e lo sciopero è un diritto, ma credo ci siano tutte le condizioni perché sulle pensioni si apra un confronto che affronti in modo strutturale alcuni dei problemi posti».

Prima si fa la manovra, poi si apre il confronto?
«A me pare che il punto di partenza sia buono perché su molte questioni, dalla riforma degli ammortizzatori sociali alla spesa sulla sanità, passando per la parità salariale, abbiamo lavorato andando incontro a richieste storiche del sindacato. Vedo le condizioni per un dialogo sociale che può portare a un miglioramento della manovra, affrontando il tema della previdenza al di fuori del dibattito sterile “quota 100 sì quota 100 no”».

Avete rimandato il problema decidendo solo quota 102 per un anno.
«L’intervento del governo non è strutturale. Bisognava uscire da misure eccezionali con qualcosa che rendesse meno forte l’impatto sui lavoratori. Ora c’è da capire come si torna a un sistema che deve essere contributivo evitando le rigidità che la legge Fornero portava con sé. A partire da cosa succede per le nuove generazioni».

Questa è una delle richieste del segretario della Cgil Landini. Ma la sensazione è che il governo Draghi stia tentennando: su pensioni, concorrenza per balneari e ambulanti, catasto. Possiamo permetterci di arrivare alle prossime politiche rimandando ogni scelta?
«Più che attendista direi che è realista. Bisognava prima di tutto mettere in moto i meccanismi necessari a spendere 300 miliardi di euro, i fondi del Recovery. Evitando, dove non necessario, di affrontare in modo frettoloso temi divisivi per una maggioranza così ampia. Questo non significa derubricare alcuni temi, ma creare le condizioni per poterli affrontare con uno sguardo più lungo e con il necessario confronto».

E quindi rimandando.
«Non era scontato gestire in maniera unitaria e senza rotture due temi divisivi e fortemente simbolici come quota 100 e reddito di cittadinanza».

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