Bankitalia, la ripresa c’è ma non è ancora completa. Il Pnrr per colmare i ritardi del Mezzogiorno su digitale e formazione

Un recupero diffuso dell’attività economica, ottimismo dalle imprese e dalle famiglie, qualche segnale dal mercato del lavoro: ci sono elementi di fiducia dal rapporto di Banca d’Italia su “L’economia delle regioni italiane. Dinamiche recenti e aspetti strutturali”, presentato giovedì pomeriggio. Un approfondimento dal quale emerge che la crisi della pandemia ha colpito duro, che la ripresa è in atto ma non ancora completa per tutti. E che in ogni caso non basta ritornare al pre-pandemia per dirsi soddisfatti, ma bisogna iniziare a crescere a ritmi che non vedevamo neppure prima del Covid. La lente d’analisi territoriale evidenzia che i divari tra Mezzogiorno e resto del Paese ci sono, sono ben ampi ed hanno un’origine antica che ha bisogno – è stata la considerazione ricorrente degli economisti di via Nazionale, durante la presentazione – delle riforme e della piena attuazione del Pnrr per esser colmati.

Detto dunque delle considerazioni generali, nel dettaglio a dare consistenza alla ripresa sono diversi fattori. La ripartenza è stata ovunque favorita dal recupero delle esportazioni, iniziato nella seconda metà del 2020. La maggior parte delle imprese stima che gli investimenti nell’anno in corso stiano superando quelli programmati l’anno precedente, così come il fatturato sta crescendo oltre le atese. La liquidità disponibile alle imprese ha continuato ad aumentare, nel primo semestre del 2021, mentre sul fronte del reddito e dei consumi si è ovunque ridotta la quota di famiglie che prevedono di ridurre i consumi essenziali nei tre mesi successivi all’intervista; nel Centro Nord è diminuita anche la percentuale di quelle che ritengono il proprio reddito inferiore ai livelli pre-pandemia.

Per quel che riguarda il mercato del lavoro, il documento riflette su quel che è avvenuto dopo luglio, con il primo sblocco dei licenziamenti che ha determinato un aumento moderato dei licenziamenti “senza superare però i livelli registrati prima dell’emergenza sanitaria”. L’incremento è stato maggiore nel Mezzogiorno, dove d’altra parte il turnover è solitamente più elevato e la protezione del blocco è stata maggore. Una volta finito il blocco, “si stima – si legge nel rapporto – che il provvedimento abbia sbloccato circa 10mila licenziamenti; di questi, il 46% è concentrato nelle regioni meridionali, dove risiede il 15% dei lavoratori dipendenti soggetti al provvedimento”. Ad agosto, conclude la nota, il tasso di licenziamento “è invece tornato su livelli particolarmente contenuti in tutte le aree, favorito anche dall’ampia possibilità di ricorrere a schemi di integrazione salariale senza costi per le imprese”.

Tra le note dolenti del periodo pandemico, a livello di divari territoriali, emerge che le ricadute della didattica a distanza nel medio termine potrebbero essere più sfavorevoli nelle regioni meridionali, dove è maggiore la presenza di nuclei con genitori meno istruiti. Nel Mezzogiorno solo uno studente su tre ha raggiunto nell’anno scolastico 2020-21 un livello sufficiente in matematica e solo due su cinque hanno mostrato competenze adeguate in italiano. In entrambe le materie la quota di studenti che supera la soglia è maggiore al Nord. Nel complesso, però, i risultati delle prove Invalsi mostrano un aumento della disomogeneità non solo tra territori ma anche tra alunni: le perdite di apprendimento risultano più marcate per gli studenti provenienti da contesti socio-economici più svantaggiati.

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