Assedio sovranista all’Ue, Draghi e Merkel provano ad arginarlo

“Il mondo ti è grato per la tua leadership”, dice Barack Obama nel suo videomessaggio ad Angela Merkel nel giorno in cui la leader tedesca saluta i colleghi europei per il suo ultimo summit a Bruxelles prima di lasciare la cancelleria. All’Europa Building la celebrazione per Angela raggiunge livelli infiniti. La presidenza del Consiglio Ue diffonde un video che omaggia le sue 107 partecipazioni ai summit europei. Charles Michel parla della sua assenza come di un evento incalcolabile, “tipo Roma senza il Vaticano”, addirittura. Il grande ‘osanna’ per Merkel rivela le preoccupazioni per il futuro. “Lascio in un momento preoccupante per l’Ue”, ammette la stessa cancelliera.

A due passi dall’Europa Building c’è Marine Le Pen in persona, arrivata in città in soccorso al suo sodale nazionalista Mateusz Morawiecki, il premier polacco protagonista dello scontro epocale con Bruxelles sullo stato di diritto. Si incontrano in mattinata. Poi lei vede anche l’altro alleato in Consiglio, lo sloveno Janez Jansa. Prende accordi con Viktor Orban per un incontro martedì (mentre ieri aveva visto in videoconferenza Salvini). “L’atteggiamento da parte dell’Ue verso l’Ungheria e la Polonia è sintomatico di una visione autoritaria e profondamente anti-europea”, attacca la leader del Rassemblement National in una conferenza stampa convocata alla fine dei lavori del Consiglio, mentre i leader lasciano Bruxelles. “Con Morawiecki proponiamo un modello democratico dove le nazioni siano sovrane. L’Ue contesta alla Polonia il diritto di organizzare il suo sistema giudiziario. Io invece difendo la sovranità polacca, così come difendo quella francese: le costituzioni nazionali sono superiori a tutte le giurisprudenze internazionali”.

La propaganda sovranista riesce a condizionare i lavori del vertice europeo. Inaspettatamente, i 27 restano inchiodati a discutere di immigrazione per oltre 5 ore. L’agenda prevedeva solo un punto di discussione sulla cosiddetta ‘dimensione esterna’, il finanziamento dei progetti di sviluppo nei paesi d’origine decisi al Consiglio di giugno. Bene, otto piattaforme di progetto vengono approvate, ma il resto è una lotta ad armi impari.

Polonia, Ungheria, Slovenia, Repubblica Ceca fanno fronte comune con la Danimarca, ma anche con la Grecia e altri interessati al confine orientale. In tutto sono 12 paesi, gli stessi che tempo fa hanno firmato una lettera per chiedere fondi europei per costruire muri anti-migranti al confine. Oggi riescono a imporre questa discussione agli altri leader che condividono i timori sull’uso “strumentale” dei migranti da parte della Bielorussia contro l’Ue, sottolinea Mario Draghi, nella conferenza stampa che si tiene nella nuova sala assegnata all’Italia, ereditata dalla Gran Bretagna dopo la Brexit, si trova ai piani alti con Germania e Francia, non più nello ‘scantinato’ come altri paesi del sud dell’Europa. Fine delle belle notizie. In Consiglio i leader riescono a mala pena a sventare il tentativo di usare i fondi comunitari per innalzare le barriere, cosa che del resto sarebbe una sconfessione dei valori di un’Europa che usava criticare i muri di Trump col Messico.

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