Giovannini: «Il Recovery plan cambia il gioco. Nessuno vorrà remare contro»

Da economista non crede che la parte di sostegno a produttività e competitività vada privilegiata sulla parte dedicata alle pensioni?
«Io credo che la drammatica crisi Covid ci abbia insegnato che accanto alla sostenibilità economica e ambientale, che tutti a parole propugnano, abbiamo scoperto che esiste una sostenibilità sociale. E purtroppo gli strascichi della crisi li avremo anche nel 2022, malgrado il fortissimo rimbalzo del Pil e dell’occupazione. Quindi serve un bilanciamento dei vari aspetti. Ma il punto decisivo, sottostimato, è un altro: la Nadef (il programma pluriannuale di bilancio, ndr) indica stabilmente per diversi anni investimenti pubblici sopra il 3% del Pil. Anche dopo il 2026. Questi livelli non li vedevamo da prima del 2008. Il governo sta investendo sul futuro».

Tensione in Consiglio dei ministri ce n’è. Si stanno scaricando sul governo l’impatto delle Amministrative e l’avvicinarsi della scadenza del Quirinale?

«Sono l’ultima persona a cui chiedere queste cose, essendo io un ministro tecnico. È evidente che il ritmo al quale le riforme devono procedere fa sì che il governo abbia davanti una road map di decreti legge molto, molto densa. E ciò pone il problema del rapporto fra governo e Parlamento. Questo è lo sfondo su cui leggere le tensioni. Ma l’azione di governo è sempre riuscita a trovare l’equilibrio necessario, senza appiattirsi su soluzioni minimali. Anzi con sintesi al rialzo».

Questa capacità di avanzare dipende da Mario Draghi o c’è una maturità nel sistema indipendentemente dal premier?

«Posso parlare di ciò che so. In tre mesi siamo riusciti a raggiungere l’accordo con le regioni, ripartendo 13 dei 16 miliardi destinati ai porti, al rinnovo del parco autobus o alle ferrovie regionali. In passato sarebbero serviti anni».

Cosa è cambiato?

«Questo è frutto del Pnrr che, ponendo delle scadenze certe, cambia il gioco. Cambia il modo in cui i giocatori si atteggiano al tavolo degli accordi. Non va sottovalutato. Chiaramente le regioni competono. Ma nei fatti la collaborazione non è mai stata così fruttuosa. I tempi di attuazione del Pnrr riguardano tutti: governo centrale, regioni, comuni. Non è che se un giorno non trovi l’accordo, la scadenza del Pnrr si sposta di un giorno più in là, non so se mi spiego. Ciò impone una strategia cooperativa, piuttosto che competitiva, che io vedo scendere per i rami territoriali».

Forse più nei rami che nel tronco centrale, no?

«Non sono d’accordo. Veda quante cose sono state fatte in questi otto mesi. Abbiamo lavorato tutti a ritmi intensissimi, anche con tante mediazioni politiche fra ministeri. Il Pnrr sta cambiando il comportamento di tutti. Il livello di collaborazione fra ministri è molto elevato».

Ma i leader politici fanno a gara a distinguersi da ciò che i tecnici propongono…

«Guardiamo ai fatti. Doveva esserci un dramma sulla scuola, invece niente. Doveva esserci sui trasporti, invece niente. L’Italia si doveva bloccare sul green pass, e non è successo. Certo che ci sono problemi qua e là, ma limitati e ci stiamo lavorando intensamente. Lo scetticismo è giusto. Ma quel che abbiamo fatto in questi otto mesi dovrà pur entrare nelle aspettative su quello che saremo in grado di fare da qui in avanti».

CORRIERE.IT

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