Pensioni, da Quota 100 a Quota 104 (e contratti d’espansione): come cambia l’uscita anticipata

di Leonardo Comegna

I nodi da sciogliere

Con l’abolizione della pensione Quota 100, sono numerosi i nodi da sciogliere sul fronte della previdenza. Come l’ampliamento a nuove categorie dell’Ape sociale, la proroga di Opzione donna e anche l’eventuale ampliamento del contratto di espansione. E cioè l’uscita anticipata dal lavoro fino a 5 prima dal momento in cui si maturano i requisiti di legge (67 anni o 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, uno in meno per le donne). Non ultima la questione dell’adeguamento (22 milioni di interessati) all’inflazione degli assegni in essere.

Quota 100

Troppo costosa. È ormai pacifico che ad andare in pensione (ironia della sorte) è proprio la quota 100. I risparmi (si parla di un paio di miliardi) serviranno per ampliare la platea dei «lavori gravosi», e ammessi «all’Ape sociale», altro canale di uscita anticipata dal lavoro, e forse per estendere il «contratto di espansione» (consente, a determinate condizioni, di andare in pensione fino a 5 anni prima) alle aziende fino a 50 dipendenti (ora è fino a 100). Da gennaio 2022, terminata dunque la sperimentazione della pensione anticipata con la Quota 100, tornerà il temuto «scalone» anagrafico che, dai 62 anni di età e 38 di contributi, impone bruscamente un minimo di 67 anni di età per la pensione di vecchiaia e almeno 42 anni e 10 mesi di contributi (uno in meno per le donne) per quella anticipata.

Quota 102

Qualora la riforma andasse in porto, nel 2022 con Quota 102 potranno andare in pensione le persone nate nel 1958. Ovvero quelle che con 38 anni di contributi, potevano lasciare il lavoro anche quest’anno. Nel 2023, invece, toccherà a coloro che sono nati nel 1959, i quali potevano andare già quest’anno, se in possesso dei contributi sufficienti. Invece, non potrà ritirarsi chi è nato nel 1960, anche se dovesse contare su 41 anni di contributi. Anche in questo caso non cambia nulla. Si tratta delle stesse persone che non possono andare in pensione quest’anno, perché non hanno ancora 62 anni. Infine, potranno usare l’eventuale nuova misura nel 2022 coloro che sono nati prima del 1959 ma che quest’anno si sono ritrovati con meno di 38 anni di contributi, ovvero quelli che hanno cominciato a lavorare non prima dei 25 anni (con una carriera continua). Si tratterebbe di meno di 50 mila persone in due anni. Un po’ poche, come sottolineato da più parti, soprattutto dai sindacati. I quali temono il riprodursi della famosa vicenda degli «esodati».

Quota 103

La via d’uscita potrebbe passare attraverso una transizione rapida di due anni, offrendo per il 2022 la possibilità di uscita con 64 anni d’età e 39 anni di contribuzione ai lavoratori in parte o totalmente «retributivi». In soldoni, si tratta di una Quota 103 di fatto (per i soggetti interamente contributivi e che hanno cominciato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995 è già previsto un canale di pensionamento anticipato con 64 anni).

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