Von der Leyen in pressing su Varsavia: gelo tra gli Stati anche su gas e nucleare

MARCO BRESOLIN

DALL’INVIATO A BRUXELLES. Quando è arrivato il momento di affrontare «La» questione, Charles Michel ha deciso di modificare le regole del gioco in nome del vecchio proverbio secondo cui i panni sporchi si lavano in famiglia. Durante i vertici europei di solito c’è sempre un funzionario del Consiglio che verbalizza gli interventi e li trasmette in tempo reale a tutte e 27 le delegazioni, ma per il dibattito sullo Stato di diritto si è scelto di utilizzare il sistema che si applica alle questioni più sensibili, per esempio quando si parla di Russia. Niente trascrizione letterale dei vari interventi, ma soltanto un generico rapporto alla fine del giro di tavolo.

Basterebbe questo per descrivere la sensibilità del tema, che già al vertice di giugno aveva fatto salire la temperatura e messo i leader l’uno contro l’altro. All’epoca, l’oggetto del contendere era la legge ungherese anti-Lgbti, questione di primaria importanza perché legata al rispetto dei diritti fondamentali. Ma la sentenza della Corte costituzionale polacca è di un altro livello perché, come ha ricordato Angela Merkel, «c’è un problema sottinteso che dobbiamo prendere molto sul serio». E riguarda «il modo in cui gli Stati vedono l’Ue, se come un’Unione sempre più forte oppure se considerano di più lo Stato nazione». Per la Cancelliera «questa non è una faccenda tra l’Unione europea e la Polonia». È molto di più.

Nel merito della disputa con Varsavia, Merkel ha cercato di gettare acqua sul fuoco. Ha predicato il dialogo e ha dato il suo pieno sostegno alla Commissione. Sulla stessa linea anche Emmanuel Macron, che prima del vertice si è intrattenuto con il premier polacco Mateusz Morawiecki per trovare un punto d’incontro. La maggioranza dei leader ha usato la parola «dialogo», ma sono stati evocati gli strumenti sanzionatori e agli estremi non sono mancate le prese di posizione più dure. Mark Rutte insiste nel dire che la Commissione europea non deve dare il via libera al Recovery Plan polacco e deve invece attivarsi per applicare subito il nuovo regolamento che vincola l’esborso dei fondi europei al rispetto dello Stato di diritto. Sul fronte opposto, Viktor Orban ha denunciato «un clima da caccia alle streghe» e come sempre si è schierato a fianco dell’alleato polacco. Morawiecki ha respinto le accuse di attentato all’ordine giuridico europeo e ha fatto qualche timida apertura sul regime disciplinare dei giudici, ma non è detto che basterà. Tocca ora a Ursula von der Leyen trovare il coraggio di muovere un passo nella direzione auspicata dal Parlamento europeo per mantenere la pressione su Varsavia, cercando però di non andare troppo lontano per tenere aperto il dialogo.

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