Dal voto in Germania segnali di buona politica



Già l’ultimo cancelliere Spd, Gerhard Schröder, aveva come slogan «Die Neue Mitte», il nuovo centro. Che non significa diventare tutti democristiani e quindi moderati, mediatori, quasi immobili. Significa che i riformisti possono essere centrali nello schieramento politico e nella società, mobilitando le energie dei giovani, delle donne, di coloro che intendono rafforzare le istituzioni e non sfasciarle, costruire l’Europa e non distruggerla, rimettere in moto l’ascensore sociale senza punire i ceti medi, rinnovare l’establishment e non sostituirlo con chi grida più forte e picchia più duro sui social. Ai suoi tempi, Schröder arrivò a prendere oltre 21 milioni e mezzo di voti, quasi dieci milioni in più di quelli raccolti domenica scorsa da Scholz. Il bipartitismo è superato, il quadro si frammenta sempre più, anche se la cultura politica tedesca continua a premiare la stabilità. Il sovranismo non è affatto sconfitto; imperversa nell’Est europeo, e anche nell’ex Germania orientale, dove l’Afd (più populista che neonazista) è il primo partito. Ma il riformismo liberale, sia che guardi a destra sia che guardi a sinistra, continua a governare i principali Paesi del continente e le istituzioni europee, dialoga con l’America di Biden, spera di far fronte comune con la Russia di Putin contro la volontà egemonica della Cina.

E dietro il riformismo c’è la tenuta del ceto medio, di quella che una volta si sarebbe chiamata borghesia, che non è una parolaccia, è il nome dei produttori che mandano avanti l’economia e reggono il peso dei finti poveri e dei veri ricchi che non pagano le tasse. E la borghesia può essere tentata dalla rabbia anti-sistema e dal rifiuto della democrazia rappresentativa; ma sa riconoscere la buona politica che porta buoni risultati.

CORRIERE.IT

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