Giorgia Meloni, “centrodestra senza leader”. Senaldi: urne e Quirinale, cosa si nasconde dietro lo sfogo

SGUARDO AL COLLE
I tamburi del Palazzo già suonano una nuova musica. Il ritornello è Draghi per sempre, a prescindere dall’esito del voto del 2023. Lo vogliono gli industriali, i poteri forti, i burocrati, le banche, i padroni dell’informazione. È una delegittimazione dei partiti. M5S non esiste più e non può opporsi. Il Pd fa buon viso a cattivo gioco: dice sì perché teme la vittoria elettorale di Lega e Fdi, dai quali non arrivano segnali di vita in proposito. L’appuntamento è per le elezioni del nuovo capo dello Stato. Se il centrodestra, dopo aver portato Berlusconi, proporrà Draghi, sarà difficile per la sinistra opporsi. Altrimenti, Giorgia e Matteo dovranno rassegnarsi a un Mattarella bis, ma solo nella migliore delle ipotesi. L’opzione Draghi per sempre è una bocciatura soprattutto per i Dem, che sono da 25 anni il partito referente dei centri di potere. Ma sfiorare il 50% e non riuscire a controproporre qualcosa di sostenibile e durevole solo perché si è divisi, sarebbe una prova di immaturità imperdonabile per il centrodestra. Il remake su scala nazionale del tormentone Bernardo e Michetti è improponibile.

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