Il vaccino ai bimbi e le nostre paure

Eugenia Tognotti

L’impressione è che non c’è da esagerare con l’ottimismo sulla resa dei conti che si profila dopo la divulgazione, da parte di Pfizer e BioNTech, dei risultati dello studio di fase 2/3 che mostrano un favorevole profilo di sicurezza e solide risposte anticorpali neutralizzanti nei bambini di età compresa tra i 5 e gli 11 anni. A far prevedere i toni e il grado di impetuosità degli oppositori, non è il grido di battaglia “giù le mani dai bambini”. Che rimanda, di per sé, al rifiuto in toto delle pratiche vaccinali e alla sfiducia nel potere pubblico come garante della loro coerenza ed eticità, per adulti e bambini. Ad annunciare la durezza e la violenza (si spera solo metaforica) dello scontro, prima ancora che giunga il pronunciamento degli enti regolatori – l’Agenzia europea del farmaco (Ema) e la Food and Drugs Administration americana (Fda) – è piuttosto la narrativa che monta sul web circa la dannosità e l’inutilità della vaccinazione per i bambini in una fascia di età in cui i rischi non sono controbilanciati dai benefici che negli anziani superano chiaramente i rari effetti collaterali.

Nella lunga storia della vaccinazione, accompagnata da profonde e vivaci controversie, di natura sia scientifica che politica e ideologica, i motivi del rifiuto dei genitori a far vaccinare i bambini sono cambiati, intrecciando i vecchi con i nuovi, vaccino dopo vaccino, dall’antivaioloso all’anti morbillo-parotite-rosolia (MPR): il rischio di trasmettere la malattia che la vaccinazione si proponeva di prevenire; le preoccupazioni sulla sicurezza del vaccino; il livello di fiducia nelle autorità sanitarie; il grado di informazione sulle procedure di produzione e sugli eventuali rischi legati a contaminazioni; l’effettiva capacità della vaccinazione di assicurare la protezione; la possibilità che i vaccini indeboliscano il sistema immunitario. Favorendo l’insorgenza di altre malattie, legate a patologie di tipo costituzionale, sistemico o cronico, come la malattia di Crohn, l’artrite cronica, la sindrome della morte improvvisa, l’encefalopatia. E, soprattutto, l’autismo. I risultati delle sofisticatissime ricerche, di tipo clinico ed epidemiologico, condotte anche sulla spinta delle inquietudini e dell’ansia sociale, sono stati sempre negativi e il legame causale fra vaccinazione e insorgenza di malattie croniche non ha mai potuto essere verificato. Pure le ansie non hanno mai lasciato il campo e rimangono sullo sfondo nella durissima battaglia sulla scelta – che potrebbe porsi a breve – di somministrare i vaccini ai bambini.

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