Bocciate le mascherine Fca, “ritirate quelle nelle scuole, non sono conformi”. L’ultimo disastro di Conte e Arcuri

Carlo Solimente

Due lotti delle mascherine prodotte da Fca e finite «quasi integralmente» negli istituti scolastici devono essere ritirati immediatamente a causa della loro «non conformità». È il contenuto di una nota inviata lo scorso 6 settembre dal ministro della Salute al dicastero dell’Istruzione. Un avviso arrivato a soli sette giorni dal ritorno in classe in quasi tutta Italia e che scrive una parola forse definitiva su una vicenda – quella dei dispositivi di protezione prodotti dalla ex Fiat – che fin dall’inizio ha sollevato polemiche e sospetti. Nella nota del ministero della Salute si svela che è stata la stessa Fca Italy S.p.a. a segnalare i problemi dei lotti 00914086180 e 00914086190, prodotti nello stabilimento di Mirafiori tra la fine di agosto e la metà di dicembre 2020.

Peraltro, «in ragione delle modalità operative con cui la società S.D.A. ha curato la distribuzione», non è possibile risalire la lista degli istituti a cui sono state effettivamente distribuite le mascherine incriminate. Il compito di individuarle passa quindi «a tutti gli istituti scolastici interessati» affinché «provvedano a individuare, non utilizzare e quarantenare – (?!?) – le eventuali giacenze». Poi sarà «il fabbricante» a occuparsi del ritiro e, si immagina, dello smaltimento. L’accordo tra l’allora governo Conte Bis e la Fca fu siglato nell’estate 2020, quando dall’Istituto superiore di Sanità arrivarono cinque autorizzazioni alla produzione: tre per le mascherine per adulti di tipo tradizionale, due per le mascherine di tipo pediatrico da distribuire sostanzialmente nelle scuole. Due gli stabilimenti di Fca interessati, quello di Mirafiori e quello di Pratola Serra.

A regime, l’ex Fiat avrebbe dovuto produrre 27 milioni di mascherine al giorno, oltre la metà del fabbisogno nazionale. Di cui 11 milioni per i più piccoli. È stato su queste ultime che, fin dall’inizio, si sono concentrate le polemiche. Sia per la scarsa vestibilità – in più casi erano risultate troppo piccole che per l’odore cattivo che emanavano. Ma, soprattutto, per i sospetti sul loro reale potere filtrante. Alcune inchieste giornalistiche furono seguite dall’iniziativa del sindacato Usb e della onus Rete Iside che portarono le mascherine Fca in un laboratorio di analisi accreditato dal governo. Emerse che, mentre le mascherine prodotte nell’avellinese avevano tutti i requisiti richiesti per essere adottate, quelle fabbricate a Mirafiori filtravano molto meno di quanto previsto e dichiarato. Alle rassicurazioni dell’azienda e dell’allora commissario all’Emergenza Domenico Arcuri – «non c’è alcun problema di tossicità» – segui una denuncia dell’Usb alla Procura di Roma e alla Corte dei Conti a carico di Fca Italy con l’accusa di «frode in pubbliche forniture», nel gennaio 2021.

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