Covid, scontro sul vaccino obbligatorio. “Per la polio si fece senza divisioni”

Ai nostri giorni emerge un rafforzamento nell’opinione pubblica dell’impostazione più individualista?

“Sicuramente nei ’progrediti’ Stati Uniti d’America questa è ancora prevalente. Anche in Italia negli ultimi decenni si è evidentemente rafforzata”.

Eppure nel ’66 il Parlamento legiferò sulla poliomelite: la strada era più in discesa di oggi in quanto la polio colpiva nel profondo l’immaginario collettivo, perché, a dispetto del Covid, faceva ammalare tantissimi bambini?

“Questa è una chiave di lettura suggestiva che meriterebbe di essere approfondita da immunologi ed epidemiologi. Sicuramente c’era una maggiore consapevolezza allora della salute come bene collettivo, da qui le poche proteste contro la legge del ’66”.

La vaccinazione obbligatoria è la strategia giusta per battere del tutto il Covid?

“Chiediamoci come sono sparite le pesti del ’300 e del’600. In quei casi giocò un ruolo determinante l’immunità di gregge che, è vero, si sviluppa naturalmente col tempo. Ma adesso abbiamo i vaccini, possiamo accelerare i tempi in maniera per così dire artificiale. Sarebbe sciocco sprecare questa occasione”.

Prima il Papa e poi il Colle hanno richiamato al dovere di vaccinarsi, facendo leva sul dato morale.

“Ma certo, di fronte a questa pandemia dobbiamo ricordarci che non siamo delle monadi, abbiamo una responsabilità nei confronti del prossimo. La salute è sì un bene individuale, ma è anche pubblico, scindere i due aspetti si traduce in un errore”.

Arriveremo alla vaccinazione obbligatoria contro il Covid?

“Resto scettico su un’imposizione diretta. Diverso è il discorso di un obbligo indiretto come quello già previsto, con la sospensione, pur con le debite differenze, di medici e insegnanti No-Vax”.

QN.NET

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