Un semestre bianco mai visto, si rischia la rissa politica perenne

Paradossalmente, insomma, una fase considerata “istituzionalmente delicata” rischia di trasformarsi in un incontrollabile rodeo politico dove i concorrenti rischiano poco e il Paese invece tanto. E ancor più paradossalmente, il semestre bianco può trasfigurare in qualcosa che i padri costituenti – reduci da vent’anni di regime – non potevano forse prevedere: un Presidente della Repubblica disarmato (o quasi) di fronte a partiti che vanno perdendo l’indispensabile senso di responsabilità.

Non era mai accaduto prima. Nessun semestre bianco si era profilato all’orizzonte insidioso come questo che si apre a pandemia ancora in campo. In una sola occasione (1991, al Quirinale c’era Cossiga) fu necessario apportare una modifica alla Costituzione, visto che la fine della legislatura coincideva con la conclusione del mandato presidenziale e qualcuno le Camere doveva pur scioglierle per permettere le elezioni… Filò tutto liscio. Come prima e come sarebbe accaduto anche dopo.

In quel caso, in fondo, si trattava di rimediare ad un intoppo di regole (ingorgo istituzionale) che poco ha a che fare col groviglio politico che invece accompagna la fine del settennato di Sergio Mattarella. Troppe cose fuori posto, a guardar bene: a Palazzo Chigi, l’uomo che tutti immaginavano al Quirinale, ma forse ora è meglio che resti dov’è; al Quirinale, un Presidente che ha già detto di voler andare via, ma forse sarà costretto anche lui a rimanerci ancora un po’ (come il predecessore, del resto); e al governo, partiti che solo l’emergenza economica e sanitaria poteva mettere assieme, in guerra perenne e – soprattutto – senza ancora la minima idea di come risolvere l’intricatissimo nodo che tiene assieme Quirinale, Palazzo Chigi e la legislatura.

Chi ha un minimo di interesse per la politica, sa che l’elezione del capo dello Stato rappresenta da sempre una prova difficile e delicata per tutti i partiti. Non sempre il percorso è semplice. Quasi mai è lineare. A volte ci si ingarbuglia a tal punto che nessuna soluzione sembra più possibile: poi qualcuno tira fuori il coniglio dal cilindro. L’ultima volta fu Renzi, con la sorpresa-Mattarella. Stavolta ci si guarda intorno ma registi non se ne vedono. A meno che non si punti a semplificare la questione…

Qualcuno lo ha già fatto e dice: Draghi è la nostra garanzia verso l’Europa, dunque non è il caso che lasci ora palazzo Chigi. Qualcun altro ha aggiunto: Mattarella resti ancora al Quirinale fino a fine legislatura (primavera 2023) e poi il nuovo Parlamento sceglierà il successore. L’ultimo, infine, ha domandato: ma gli altri sono tutti d’accordo? Ecco, questo semestre bianco comincia così. E se il buongiorno si vede dal mattino… 

LA STAMPA

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