Burioni e l’intolleranza della ragione

Vittorio Macioce

È mattina presto e il virologo si sveglia nervoso. È tempo di sbeffeggiare la malacarne dei non vaccinati. Roberto Burioni ti ha fatto compagnia i primi giorni della pandemia con il suo Virus, la grande sfida. È un libro che vale la pena di leggere. Solo che anche lui ogni tanto non si riconosce. Questo accade quando il leone da tastiera acquartierato nelle sue viscere prende il sopravvento e batte veloce una manciata di caratteri. Il risultato è questo. «Propongo una colletta per pagare ai no vax gli abbonamenti Netflix per quando dal 5 agosto saranno agli arresti domiciliari chiusi in casa come dei sorci». Il virologo, sciagurato, controfirma.

Prima di lui ci ha pensato Ilaria Capua, che in televisione dichiara: «I no vax paghino il ricovero in ospedale». Lo dice come provocazione, ma si capisce che la considera una punizione efficace. Non si può essere troppo indulgenti con chi si mette dalla parte sbagliata della storia.

È l’intolleranza della ragione e sta diventando contagiosa. Non lascia quartiere. Non c’è tempo. Non c’è redenzione. Non contano i dubbi, le paure, le incertezze. Non si può essere recalcitranti. Questo vale per chi ne fa una questione ideologica e per chi sta nella zona grigia dei tentennanti. È una questione di fede.

Il dubbio è se l’approccio «puritano» sia quello più saggio. Il puritano si riferisce al governo delle teste rotonde di Oliver Cromwell. È l’idea che per il bene di tutti non ci può essere spazio per chi diserta. È davvero questa la strada per vaccinare il numero più alto di persone? È l’insolenza, il livore, la demonizzazione, il puntare l’indice con disprezzo verso chi non merita più il diritto di cittadinanza. È definirli sorci, come cavie da laboratorio, per alimentare ancora di più i sospetti. Magari no. Tutto questo finisce solo per rendere odioso il passaporto vaccinale. È ottusità che risponde a ottusità. È il tradimento degli scienziati.

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