E’ morta Raffaella Carrà, simbolo dell’Italia e del Tuca Tuca

ALESSANDRA COMAZZI

Che cosa dovrebbe fare una ragazza che voglia diventare conduttrice? Studiare da Raffaella Carrà. Più moderna lei, che se n’è andata oggi, lunedì 5 luglio, a 78 anni, di un intero manipolo di ragazzotte con le tette al vento; in grado di rivendicare la propria femminilità ancora ai tempi di «Carràmba che fortuna», facendosi circondare da quaranta bei ragazzi («sono tutti alti due metri, che Dio li benedica», diceva) in modo che anche le spettatrici potessero lustrarsi gli occhi. Carrà nei secoli fedele a se stessa, che canta «Com’è bello far l’amore da Trieste in giù… Tanti auguri, vruum», rigenerante. Provocante. Icona di Paola Sorrentino. Raffa. Mitica Raffa.  L’esordio cinematografico di Raffaella Carrà: aveva solo 8 anni

Nata a Bellaria, romagnolissima, e nata Pelloni, come il Passator Cortese, il bandito alla Robin Hood che rubava ai ricchi per dare ai poveri, del quale si dice sia discendente. Diplomata al Centro sperimentale di cinematografia, comincia la sua carriera proprio al cinema, giovane giovane. E nel 1961 debutta anche in tv, dove comincia a farsi conoscere nel 1969 con «Io, Agata e tu», uno show con Nino Taranto e Nino Ferrer. Lei ha un ruolo piccolo, balla soltanto, ma colpisce il pubblico, pure con il caschetto color platino realizzato dai parrucchieri Vergottini, le tute luccicanti che paiono rubate a Barbarella. Nel 1970 presenta accanto a Corrado la sua prima «Canzonissima», conquista l’Italia, e il mercato discografico, con la sigla «Ma che musica, maestro» e con il «Tuca tuca». Indossa un giacchino corto e un paio di pantaloni aderenti a vita bassa, il completo le lascia scoperto l’ombelico: sarà il primo ombelico scoperto della storia della televisione italiana, se ne occuperà persino il Consiglio di amministrazione della Rai, che alla fine approverà. 

Addio, Raffaella: icona di stile, anticonformista e rivoluzionaria della televisione italiana

Quando la tv in bianco e nero passa ai colori, lei c’è, insieme a Mina (Milleluci). Quando si comincia a far partecipare il pubblico da casa, lei c’è («Pronto, Raffaella», trasmissione del mezzogiorno divenuta famosa per i fagioli: bisognava indovinare il numero di quelli contenuti in un vaso). Quando c’è da passare alla Fininvest di Berlusconi, che aveva in mente di fare una grande Rai, lei passa. Quando c’è da emigrare, lei emigra, in Spagna. Quando c’è da tornare, torna. Quando c’è da inventare un reality prima del reality, storie che si narrano e si sviluppano davanti alle telecamere, lei c’è: con «Carràmba che sorpresa», programma dedicato ai ricongiungimenti, lacrime, retorica e successo. «Carràmba» e «carrambata» diventano parole d’uso comune nella lingua colloquiale italiana.

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