Piercamillo Davigo e la tesi sui referendum leghisti: ecco tutta l’incoerenza dei giustizialisti

Roberto Cota

Il dottor Davigo nei giorni scorsi si è lanciato in un duro attacco ai referendum in tema giustizia promossi da Lega e Radicali. In particolare, rispetto a quello che si propone di limitare la custodia cautelare. Secondo l’ex magistrato l’approvazione del quesito avrebbe l’effetto di impedirne l’applicazione di fronte a ladri di appartamento e scippatori. Dunque, bolla Salvini di incoerenza. Premesso che i referendum, politicamente, sono l’ultima ratio, l’ultimo strumento rispetto all’inerzia del sistema che non riesce a risolvere i problemi, il problema dell’abuso della custodia cautelare esiste ed è gigantesco.
Il dottor Davigo prima di cercare scoop ad effetto e di indignarsi rispetto ai quesiti referendari, dovrebbe scandagliare il perché si sia arrivati al punto di utilizzare la clava del referendum. Oltretutto, va detto che i referendum non sono appoggiati soltanto da Salvini (che certamente è alla costante ricerca della ribalta mediatica), ma da una silente maggioranza che si muove sotto traccia. La verità è che da anni vi è una distorsione nell’uso della custodia cautelare.

Su questo fronte il primo a dover fare una riflessione è proprio il dottor Davigo . Anche nel merito, la sua critica dovrebbe essere forse più obiettiva in quanto la possibilità di applicare la custodia cautelare verrebbe mantenuta di fronte alla possibile reiterazione di «gravi delitti con uso di armi o di altri mezzi di violenza o diretti contro l’ordine costituzionale o di criminalità organizzata» definizione in grado di ricomprendere tutti quei fatti che destano allarme sociale, anche con riferimento agli esempi fatti da Davigo. Dunque il modo per bloccare i soggetti pericolosi vi sarebbe, eccome. Nella sua ultima presa di posizione affidata al Fatto Quotidiano l’ex magistrato sostiene anche un’altra tesi: chi è stato condannato in primo grado non è più innocente. Ma allora perché la coerenza invocata non porta a considerare innocente almeno chi è stato assolto in un pubblico processo? Già, perché oggi i pm possono infliggere anche a chi è stato assolto anni di “eterno processo” essendo prevista la possibilità di appellare le sentenze di assoluzione.

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