Il piano B di Draghi: fermare i migranti con i fondi all’Africa

Amedeo La Mattina, Ilario Lombardo

ROMA E BARCELLONA. Mario Draghi ha una settimana di tempo per sperare di risolvere l’impossibile: dare all’Europa una soluzione sul tema migratorio che vada bene a tutti i Paesi membri. Le premesse non sono delle migliori. Gli sbarchi aumentano e dal fronte continentale si continua, come sempre, a far finta di nulla. L’incontro bilaterale di oggi, a Barcellona, con il premier spagnolo Pedro Sanchez servirà a saldare l’asse del Mediterraneo in vista del Consiglio europeo del 24-25 giugno, che il presidente del Consiglio italiano ha preteso fosse dedicato proprio al nodo mai sciolto della gestione dei migranti.

L’intesa con la Spagna aiuta, ma per Draghi servirà a poco se l’Italia non sarà in grado di trascinare sulle proprie posizioni la Francia e la Germania. Per questo, a Palazzo Chigi invitano a porre grande attenzione al prossimo bilaterale di Draghi, lunedì a Berlino, con la cancelliera Angela Merkel. È all’interno di quella cornice che il governo italiano spera di ottenere un primo impegno concreto da portare sul tavolo del summit europeo.

Draghi lavora di realismo. Ha capito che il Trattato di Dublino è rimasto lettera morta, e non sono serviti anni di sbarchi, immagini drammatiche, foto di bambini alla deriva, a scuotere i partner dell’Ue. L’Europa ci ha riprovato con il patto di Malta, prevedendo una formula di redistribuzione non obbligatoria, ma anche in questo caso i passi compiuti in avanti sono stati insufficienti. Spiegano fonti di governo che per il premier italiano le strade si restringono: se i membri Ue non intendono accettare la distribuzione di migranti come si era deciso a Malta, allora bisognerà ideare un piano finanziario di matrice europea per fermare o quantomeno comprimere al massimo le partenze dai Paesi di provenienza dei migranti. È il modello Libia, che Draghi, d’accordo con il presidente francese Emmanuel Macron e con Merkel, vuole mettere al centro della sua strategia, di sponda con l’Unione, la Nato e l’Onu: portare investimenti, che diano lavoro e sicurezza, e scoraggino le partenze. A Tripoli serve un governo legittimato dal voto e l’Italia confida in un coinvolgimento dell’Alleanza Atlantica e delle Nazioni Unite per garantire un percorso elettorale in sicurezza. Nel frattempo, Draghi continuerà a insistere sui ricollocamenti, puntando a renderli il più possibile strutturali, ben sapendo che resterà un percorso sbarrato finché i governi europei avranno il timore di alienarsi l’opinione pubblica interna. La soluzione finanziaria, infatti, servirà a mascherare le difficoltà del governo tedesco ad aprire alle quote dei migranti, a tre mesi dalle elezioni nazionali che sanciranno la nuova era post Merkel.

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