Usa-Russia, l’avvertimento di Biden su Navalny: “Se muore conseguenze devastanti”

Paolo Mastrolilli

DALL’INVIATO A GINEVRA. Le aspettative erano basse, e i risultati le hanno rispettate. Però Biden e Putin non hanno litigato, hanno deciso di rimandare i rispettivi ambasciatori a Mosca e Washington, e hanno aperto un nuovo “Strategic Stability Dialogue” per vedere se c’è la possibilità di risolvere le dispute più pericolose. Le differenze restano, sono profonde, e il capo della Casa Bianca non si illude: «Il punto non è la fiducia in Putin, ma i nostri interessi e la verifica delle sue azioni». Il vertice di ieri a Ginevra ha riaperto il dialogo, e «la possibilità di fare progressi esiste. Però dovremo verificarli», per capire se Vladimir fa sul serio a cercare il disgelo, oppure bluffa come ha fatto tante altre volte.

Per una volta nella vita, a dimostrazione di quanto gli premesse questo incontro, Putin non è arrivato in ritardo. Anzi, si è presentato per primo a Villa La Grange, dove ha trovato ad accoglierlo il presidente Svizzero Guy Parmelin. Pochi minuti dopo è arrivato Biden, e Parmelin li ha portati insieme davanti al portone, per salutarsi davanti alle telecamere: «Vi auguro un dialogo fruttuoso, nell’interesse dei vostri paesi e del mondo».

Joe ha fatto il primo passo, allungando sorridente la mano a Vladimir. Poi sono entrati nella villa, e poco dopo l’una e mezza il capo della Casa Bianca ha rotto il ghiaccio: «È una discussione tra grandi potenze. Penso sia sempre meglio vedersi faccia a faccia». Il collega del Cremlino lo ha assecondato, ma con riserva: «Ringrazio il presidente per avere preso l’iniziativa di questo vertice. Le relazioni tra i nostri paesi hanno accumulato così tante questioni negli ultimi tempi, da richiedere una discussione al massimo livello. Mi auguro che sia produttiva».

Verso le quattro del pomeriggio la Casa Bianca ha avvertito che il primo vertice, con i due presidenti e i ministri degli Esteri, era finito. Le cose andavano per le lunghe, perché cominciava il bilaterale allargato. Poco dopo però, alle cinque e cinque minuti, la delegazione Usa ha annunciato che il vertice era finito. Fallimento? Dialogo più facile del previsto?

Nessuna delle due cose, secondo Putin che ha parlato per primo. Ha detto che il confronto era stato costruttivo e senza ostilità, nonostante le differenze. Ha persino apprezzato la spiegazione di Biden sul motivo per cui lo aveva chiamato «killer». Però ha negato tutte le accuse, dagli attacchi cibernetici alla persecuzione di Navalny, rovesciandole invece sugli Usa.

Subito dopo è toccato a Biden di riequilibrare, dando la sua versione: «Sono il presidente degli Stati Uniti, come potevo non denunciare le violazioni dei diritti umani? Se Navalny morirà, «le conseguenze sarebbero devastanti» per la Russia. Poi le aggressioni digitali, avvertendo Putin che «abbiamo significative capacità per rispondere. Gli ho elencato 16 settori infrastrutturali dove gli attacchi porterebbero a conseguenze devastanti». E l’Ucraina, dove «il nostro impegno a difesa dell’integrità territoriale è incrollabile»; le interferenze elettorali; i cittadini americani detenuti in Russia.

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