Draghi difende la linea Ue sulla Cina: “Serve realismo, bisogna cooperare”

ILARIO LOMBARDO

DALL’INVIATO A CARBIS BAY. Mario Draghi insiste a guardare con «realismo» all’approccio da tenere verso la Cina. La parola traduce tutto il pragmatismo della linea italiana ed europea, incarnata nel G7 della Cornovaglia soprattutto da Germania e Italia, in contrapposizione all’irriducibilità degli Stati Uniti. «Il comunicato finale rispecchia perfettamente la nostra posizione – spiega il presidente del Consiglio al termine dell’ultima giornata del summit prima di tornare a Roma –. Non abbiamo preso una strada particolarmente dura verso la Cina. Perché con la Cina bisogna cooperare, in vista del G20, degli impegni sul clima, e per la ricostruzione del mondo dopo la pandemia, ma lo faremo in maniera franca, dicendo cosa non va bene secondo noi, e che cosa non si concilia con la nostra visione del mondo». Questa è la linea che secondo Draghi alla fine ha prevalso, nel quadro comunque di una mediazione con le pretese di Joe Biden. E in un certo senso non poteva andare diversamente visto che il presidente americano, gli riconosce il premier, ha voluto ricostruire con l’Unione europea «quell’alleanza tradizionale che il periodo di Trump aveva seriamente incrinato».

Sul realismo come metodo d’azione per declinare il ritrovato spirito multilaterale Draghi insisterà per tutta la conferenza stampa. E così se Biden, durante il vertice, come ricorda il premier, ha ammonito i colleghi che «il silenzio sulla Cina è complicità», l’ex banchiere si prende una manciata di secondi per condannare con durezza «le autocrazie che inquinano l’informazione, interferiscono nei processi elettorali, usano la disinformazione, fermano gli aerei in volo, rapiscono, uccidono, non rispettano i diritti umani, usano il lavoro forzato». Non manca nulla delle violazioni della Cina ma anche della Turchia, della Russia e della Bielorussia, e l’elenco che ne fa Draghi è il suo modo di riconoscersi nella battaglia di Biden. «Tra i Paesi del G7 – assicura – il risentimento verso le autocrazie è condiviso».

È su come delineare i rapporti con Pechino, però, che resta differente la strategia tra Europa e Usa. L’Italia è l’unico Paese europeo che ha firmato, ai tempi del governo sovranista del Conte I, il memorandum sulla Via della Seta cinese, contro il quale Biden ha proposto un gigantesco piano alternativo di investimenti. Draghi si limita a dire che l’atto firmato dal suo predecessore «verrà esaminato con attenzione». Come per la cancelliera tedesca Angela Merkel e la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, anche per il premier però non deve essere lo spirito di antagonismo alla Cina a muovere le democrazie occidentali. L’approccio va «fondato su tre principi fondamentali». «Di cooperazione, di competizione e di franchezza». Di cooperazione, sul clima innanzitutto. Perché la sola Cina, ricorda Draghi, è responsabile del 30% delle emissioni globali di Co2. Come farebbe l’Europa, che arriva appena al 7%, a combattere il cambiamento climatico senza un dialogo con Pechino? Per quanto riguarda la competizione in ambito economico, invece, la Cina deve rispettare «le regole multilaterali», e non avvantaggiarsi di pratiche sleali come la vendita dei prodotti frutto delle detenzioni ai lavori forzati nella zona dello Xinjang. Tutto questo, spiega Draghi, va detto con «franchezza». Ed è il terzo principio: «Essere franchi con le autocrazie che non condividono la nostra visione del mondo».

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