Zingaretti: “Vinciamo in tutte e cinque le grandi città, Salvini e Meloni non risolvono i problemi”
Niccolò Carratelli
ROMA. Dice di parlare solo da presidente della Regione Lazio e da «militante del Pd», Nicola Zingaretti. Anche se il fervore con cui risponde alle domande tradisce la voglia di essere ancora protagonista della politica italiana, nonostante le dimissioni da segretario del Partito democratico, «di cui non mi pento, perché hanno spento una discussione interna fratricida». Era pronto a essere il candidato del Pd per il Campidoglio, «ma abbiamo convenuto fosse giusto continuare a governare la Regione», anche se si augura che «Roma volti pagina, perché Virginia Raggi non merita la riconferma». Nell’intervista al direttore de La Stampa, Massimo Giannini, per la trasmissione “30 minuti al Massimo” (versione integrale su lastampa.it), Zingaretti azzarda un pronostico sulle amministrative, «vinciamo in tutte e cinque le grandi città», e attacca la coppia Salvini-Meloni: «Prendano atto di essere stati sempre contro le scelte strategiche che stanno portando l’Italia fuori dalla crisi».
Eppure, Salvini dice che sulle riaperture Draghi ha ascoltato loro…
«Che lui lo dica è legittimo, bisogna vedere con quale credibilità. La
storia ci dice che le idee sovraniste e nazionaliste cavalcano i
problemi e non li risolvono. Hanno costruito un conflitto su tutto, sono
stati sempre pronti a distinguersi sulle strategie. Io rivendico la
nostra scelta europeista, che con il secondo governo Conte ha consentito
al Paese di recuperare la credibilità perduta. Ora il terreno su cui
dobbiamo misurarci sono le diseguaglianze sociali prodotte dalla
pandemia, che rischiano di essere come benzina sul fuoco».
Quindi non vede uno spostamento a destra del governo?
«Non lo vedo e non mi pare che il governo abbia messo in campo
politiche in cui il Pd non si riconosca. Abbiamo fatto nascere e siamo
in questo governo perché ci crediamo, dobbiamo essere testardi e farci
garanti dell’obiettivo della redistribuzione della ricchezza, del
principio della progressività a livello fiscale».
Sul blocco dei licenziamenti, ad esempio, l’impressione a sinistra è che Draghi sia più orientato sulle proposte della destra?
«La destra non si sa quello che pensa, hanno cambiato idea 12 volte, un
atteggiamento politico terribile. Fanno così perché non hanno soluzioni
da proporre. Comunque, mi sembra si stia arrivando a un compromesso
ragionevole, guardando alla specificità dei singoli settori. Il problema
non sono solo i licenziamenti, ma anche la riorganizzazione del lavoro,
con l’aumento impressionante della quota di smart working».
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